8. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.


Il via vai dei gatti che dalla strada raggiungevano il mio balcone e le scorribande di Principe che la notte urlava per farsi aprire mi crearono qualche problema nel palazzo perché alcuni condomini si lamentarono dei miagolii notturni e soprattutto del fatto che al portone d’ingresso si sentisse l’odore intenso della loro orina.

Veramente questo capitava soltanto d’inverno, nei mesi di gennaio e febbraio nel periodo degli amori, quando i maschi marcavano il loro territorio. In questo periodo era facile vederli muoversi nervosamente nei cortili, annusare tutto in giro e distribuire lì, dove poco prima aveva orinato un suo simile, schizzi di pipì per annullare con il proprio inconfondibile marchio quello dell’avversario in amore.

Al corrente di ciò avevo pregato il portiere di lavare davanti al portone più spesso e devo dire che l’odore incriminato si percepiva appena, ma purtroppo si sa che la vita nei condomini non è facile soprattutto se qualcuno non ama gli animali

L’ inquilino del piano di sotto inoltre mi riteneva responsabile del fatto che i gatti randagi di passaggio nel suo giardino per salire sul mio balcone, facessero i loro bisogni nelle sue aiuole. Un giorno molto adirato bussò alla mia porta e mi disse: “ Bisogna che lei la finisca di dare da mangiare ai gatti, sono stufo di vederli passare nel mio giardino e fare i loro comodi fra le mie piante, altrimenti, se non smetterà, prenderò dei provvedimenti”. Mi scusai dicendo che avrei provveduto a mettere delle lettiere anche sui terrazzi per i gatti di passaggio, aggiungendo che se anche avessi smesso di accudirli l’andirivieni nella sua proprietà non sarebbe comunque cessato perché i gatti vivevano ormai in quegli ambienti da prima che lui si fosse trasferito nel suo appartamento, recitandogli poi la legge che vieta che una colonia felina venga scacciata dal suo habitat. Se ne andò visibilmente contrariato e nei giorni seguenti iniziò la sua guerra personale. Per prima cosa provvide a cintare il perimetro del suo giardino con un altissima rete con la speranza che i felini non potessero accedervi ma poiché essi continuarono ugualmente ad entrare arrampicandosi sopra di essa incominciò ad annaffiarli con potenti getti d’acqua quando li vedeva intenti nella scalata. Per fortuna non poteva trascorrere tutto il suo tempo appostato dietro alle finestre per cui i gatti continuarono a mantenere le loro abitudini diventando però più scaltri nell'aggirare il pericolo delle annaffiature. Tuttavia una mattina nell'aprire la porta del mio appartamento trovai sullo zerbino una sconvolgente sorpresa: qualcuno vi aveva riversato sopra una montagna di terra mista ad escrementi. L’inquilino del piano di sotto aveva così manifestato il suo rancore nei miei confronti e verso i miei assistiti e ciò che aveva fatto aveva impressa  inequivocabilmente la sua firma. Fui presa da una grande rabbia a quella vista e dal desiderio di rendergli pan per focaccia ma passato il primo sgomento mi lasciai convincere dai miei di non dargli soddisfazione, di far finta che nulla fosse successo.

Se portare Principe d’estate alla casa del mare era una impresa perché il viaggio in macchina era per lui un evento traumatizzante, condurlo in montagna nella casa dei miei genitori era ancora peggio, del resto non lo potevamo lasciare come gli altri gatti sul balcone accuditi dal portiere perché lui era abituato ad entrare e uscire a suo piacimento dal nostro appartamento e non trovandoci a sua disposizione  pensavo che si sarebbe potuto sentire abbandonato.

Arrivati alla casa delle vacanze dei miei in un paesino dell’Abruzzo, dopo un viaggio disastroso di quasi tre ore, in quanto numerose erano state le soste per alleviare a Principe il mal d’auto accentuato dalla presenza nell'ultimo tratto di strada da trenta chilometri di curve, come sempre spariva in qualche angolo dell’abitazione fino a quando non gli era sbollita la rabbia nei miei confronti.

Mentre nell'ambiente intorno alla casa del mare si trovava abbastanza a suo agio e girava indisturbato nei giardini delle ville vicine sentendosi accettato dai  gatti del posto con i quali aveva raggiunto un rapporto di reciproca accettazione

in montagna,invece, rimaneva quasi  sempre dentro casa e quando usciva nel grande giardino si vedeva che fiutava pericolo in ogni dove. Gli odori che si percepivano erano in effetti molto diversi da quelli della città e da quelli del nostro complesso di villette al mare. Infatti  nel giardino della villa, che è situata nel Parco nazionale d’Abruzzo, sono presenti un gran numero di alberi dall’alto fusto, abeti, tigli, ippocastani, che soprattutto in estate propagano i loro profumi, ma vi si può percepire anche l’odore del muschio, che cresce abbondante su alcuni muretti su cui non arriva mai il sole e dei funghi che crescono all'ombra delle piante o sulla loro corteccia. Quando Principe si decideva ad uscire nel giardino era molto guardingo perché oltre agli odori delle piante, di stallatico proveniente dal vicino maneggio, che gli erano nuovi, era impaurito dall'abbaiare dei cani pastore che fuori dal nostro cancello, passavano conducendo al pascolo nei prati vicini le greggi, dai cavalli condotti in passeggiata da improvvisati cavallerizzi della domenica, che infastiditi dall'imperizia dei conducenti mandavano fuori improvvisi nitriti, allora terrorizzato ritornava immediatamente dentro casa e non c’era verso di farlo riuscire. A volte, dopo molte insistenze, riuscivo a farmi seguire per un po’ per i viali del giardino ma il cinguettio dei numerosi uccelli e addirittura lo stormire delle fronde lo mettevano in difficoltà.

In inverno poi non c’era verso di fargli mettere il naso fuori dalla porta, una sola volta fece l’esperienza di porre le sue zampe sulla neve e fu anche l’ultima perché la sensazione da lui provata dovette essere talmente spiacevole che le volte seguenti quando aprivo la porta e l’ingresso era invaso da un’ondata di aria gelida, scappava su per le scale al secondo piano, rintanandosi in un luogo sicuro.

Ciò che lo incantava era il camino acceso,  si metteva davanti al fuoco su di una sedia ed era capace di rimanervi per delle ore sonnecchiando o guardando la fiamma scoppiettante come ipnotizzato. Quando lo accarezzavo il suo pelo era caldissimo ma lui sembrava stare perfettamente a suo agio di fronte a quella potente fonte di calore e per nulla interessato ad allontanarsene.

In montagna non vi erano gatti randagi, raramente d’estate ne entrava qualcuno in giardino per curiosare  e dal custode avevo saputo che erano di alcuni  vicini. “Come mai si vedono così pochi gatti in giro?” Gli chiesi un giorno che si era fermato a fare due coccole a Principe. “Gatti senza padrone qui non ce ne possono stare perché l’inverno è molto freddo e non resisterebbero a temperature sotto lo zero” rispose con la sua abituale flemma. “ D’accordo che senza padrone che dia loro da mangiare e un riparo è difficile sopravvivere per un felino” replicai, “ma sono comunque pochi quelli che si vedono in paese, ne avrò incrociati al massimo una ventina, fermi al sole appollaiati su qualche catasta di legno o sull’uscio della porta o dietro i vetri delle finestre. “ Veramente sono di più ma c’è da dire che in paese si preferiscono i cani perché servono di guardia agli animali” aggiunse dimostrando dal tono della voce di non condividere quella scelta.

 “Almeno li trattassero bene!” Proruppi indignata pensando a come alcuni tenevano i lori cani fra cui il proprietario della taverna dove qualche volta andavamo a pranzare: legati notte e giorno ad una lunga catena per far la guardia alle galline che avevano, al contrario di loro,  la libertà di andarsene in giro nel cortile, mentre i poveri guardiani potevano a mala pena arrivare alle sbarre del cancello per mettervi il muso in mezzo, in attesa di qualcuno che li venisse a salvare. Molte volte intenerita dai loro tristi richiami e dagli occhi imploranti avevo portato loro del cibo di nascosto perché avevo fatto esperienza che i padroni non volevano che estranei li viziassero. Ed inoltre sapevo bene come venissero abbandonati a loro stessi quando per la vecchiaia non fossero più in grado di badare alle greggi. Giornalmente mi capitava di imbattermi in enormi pastori abruzzesi avanti negli anni lungo i cigli della strada buttati a terra come sporchi cenci lanosi di cui non si ha più bisogno. Alle mie domande di chi si occupasse di loro Bruno, il mio guardiano, rispondeva che i padroni gli portavano qualche cosa di tanto in tanto ma io non ne ero convinta perché le uniche persone che si avvicinavano loro erano gli inservienti di alcuni alberghi con dei secchi di avanzi o i villeggianti impietositi. Anche quando mi recavo a scuola ad Articoli Corrado dovetti constatare l’inciviltà di alcuni contadini che non potendosi più servire di alcuni cani per la caccia li avevano abbandonati senza dare loro da mangiare.

Me ne accorsi una fredda mattina d’inverno mentre procedevo cautamente per il fondo stradale ghiacciato con la mia auto in direzione della scuola, quando in prossimità di una curva, sul ciglio della strada vidi due cani pelle ossa, di una magrezza impressionate, sdraiati come morti. Colpita dalla loro vista, rallentai rendendomi conto che non erano morti per alcuni impercettibili movimenti delle orecchie. Prosegui il percorso che rimaneva sconvolta, senza potermi togliere dagli occhi l’immagine di quei cani macilenti e spettrali. Alle mie richieste d’informazione, i miei alunni mi dissero che probabilmente erano del proprietario di quei campi vicino a quali si trovavano e che erano stati abbandonati, come di solito avveniva, perché vecchi e inutili. Rimasi sconcertata e il giorno seguente, munita di scatolette di cibo mi fermai nel punto in cui avevo visto i cani; sulle prime non li scorsi poi l’intravidi a terra sotto una pianta di fico, li chiamai ma non si mossero pur avendo alzato la testa nella mia direzione. Allora andai loro incontro, mi avvicinai e versai l’intero contenuto delle due scatole  davanti al muso di ognuno. Inizialmente rimasero immobili poi lentamente con grande fatica si alzarono come al rallentatore e incominciarono a leccare il contenuto della scatola poi a mangiare piccolissime quantità, fermandosi di continuo come se quella operazione togliesse loro le forze. Chi sa da quanto non mangiavano per aver provato così tanta difficoltà a rimettersi in piedi?  Il giorno seguente, al contrario, li trovai accucciati, con le teste erette e le orecchie dritte, quando videro la mia auto fermarsi poco distante da loro si alzarono e lentamente mi si avvicinarono scodinzolando, mostrandosi però alquanto timorosi, riacquistando sicurezza solo quando videro ai loro piedi il contenuto delle scatolette che io avevo loro aperte. Per due anni, ovvero per tutto il tempo che rimasi in quella scuola mi occupai di loro, che col tempo riacquistarono peso e forze. Sentivano il rumore del motore della mia auto a distanza e appena mi scorgevano incominciavano ad abbaiare festosi, precipitandosi alla macchina e  rendendo difficile la mia uscita dall'abitacolo per il desiderio di saltarmi addosso e leccarmi. Quando fui trasferta mi feci promettere dai miei alunni che se ne sarebbero occupati, ma non ebbi  in seguito il coraggio di tornare in quei luoghi per vedere se avevano mantenuto la promessa.

Bruno, il guardiano della casa in montagna, invece è un uomo molto sensibile con gli animali quando si imbatte in qualche randagio sia cane che gatto se ne prende cura e credo che sia uno dei pochi nel paese ad avere questa sensibilità. In un campo di sua proprietà ha dato rifugio ad un certo numero di gatti, per loro ha costruito una baracca di legno che d’inverno raggiunge con qualsiasi tempo anche affrontando le tempeste di neve per portar loro da mangiare e per accendere una stufa a gas per la notte se le temperature vanno molto sotto lo zero.

Purtroppo sono poche le persone che hanno rispetto per gli animali ed io spesso ne sono stata involontaria testimone.

Un anno recatami alla casa di montagna per le vacanze di Pasqua ebbi la gradita sorpresa di trovare nella legnaia una femmina di pastore abruzzese intenta ad allattare la sua cucciolata. Probabilmente prossima al parto aveva trovato quel tranquillo riparo per mettere al mondo i suoi piccoli e trovatasi a suo agio aveva continuato a rimanervi sentendosi al sicuro. Io naturalmente avendola scoperta in quel luogo mi ero ben guardata dall'avvicinarmi sapendo che questi tipi di cani possono diventare piuttosto aggressivi per difendere i loro piccoli e avevo rinunciato ad accendere il camino, dovendo rifornirmi di legno dalla legnaia, per non preoccupare la mamma e la sua cucciolata. Avevo però incautamente detto in giro che nella mia legnaia vi era una femmina di pastore che aveva partorito. Un paio di giorni dopo all'imbrunire sentii abbaiare disperatamente nel mio giardino, poi intesi delle voci di uomo, dei colpi e degli alti guaiti che mi fecero accapponare la pelle. Mi precipitai alla porta di casa con il cuore in gola e apertala: “Chi siete? Che sta succedendo nella mia proprietà?" Urlai  per la paura e per la rabbia di non saper che cosa stesse succedendo in casa mia. “Scusate signora se vi ho spaventato, sono il fabbro che ha l’officina poco distante da qui” disse una di quelle ombre avvicinandosi vicino alla porta di casa da cui usciva un fascio di luce che illuminandolo in viso me lo rese visibile “pensavo che in casa non ci fosse nessuno e mi sono permesso di entrare con mio figlio per riprendere la mia cagna che ha partorito da voi” aggiunse con finto tono ossequioso. “ Non c’era bisogno di picchiarla in quel modo però” gli risposi alquanto risentita, osservando che la cagna mugolava con la coda fra le gambe saldamente tenuta per il collare dal nerboruto figlio mentre il padre aveva in mano una grande cesta da cui provenivano dei soffocati lamenti. “Non si deve preoccupare, non le abbiamo fatto male, adesso la riportiamo nella nostra stalla dove potrà stare tranquilla con i suoi piccoli e togliervi il disturbo” mi rispose mentre si avviava al cancello per andarsene.

L’ indomani la prima cosa che feci fu quella di cercare Bruno alla sua baracca per avere conferma di ciò che i due indesiderati ospiti mi avevano detto. Ma ciò che il guardiano mi riferì mi provocò un gran dispiacere perché seppi che quelle persone erano venute per strappare alla mamma i suoi piccoli per venderli in quanto il commercio di cuccioli di pastori è molto redditizio; i giorni seguenti inoltre  dovetti assistere impotente al dolore della cagna che tornata più volte nel mio giardino, guaendo aveva rovistato a lungo nella legnaia alla ricerca dei cuccioli.

Continua.....

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