7. La più bella del reame: Samantha




Quando tornavo dalle vacanze non passava qualche ora che ricevevo la telefonata della signora Marcella molto contrariata che mi faceva le sue rimostranze: “Ha fatto molto male, signora, ad abbandonare le sue bestiole questa estate perché hanno sofferto e me ne sono dovuta occupare io”. “Veramente non le ho abbandonate ma le ho affidate al portiere che giornalmente si è occupato di loro” le rispondevo piuttosto infastidita. Infatti benché Giacomo fosse andato in pensione, il nuovo portiere Rossano si era offerto di buon grado di provvedere alla loro razione quotidiana di cibo, per cui ero partita sicura che i gatti fossero in buone mani. Ma le mie giustificazioni non erano mai convincenti per la signora Marcella che ostinata ogni volta metteva in dubbio l’onestà del mio incaricato nell'eseguire il compito assegnato. “E’ molto strano” aggiungeva, “se fossero stati ben nutriti non sarebbero venuti al mio portone in cerca di cibo, con il rischio di finire sotto un’auto attraversando la strada, lei è troppo ingenua a fidarsi di certe persone”, proseguiva, sperando di suscitare in me qualche sospetto. Malgrado le rispondessi che di Rossano avessi molta fiducia perché anche lui era un amante dei gatti, avendone a casa sua un certo numero, la signora continuava con i suoi predicozzi ed era sempre un’impresa riuscire ad interrompere la conversazione in modo cortese.

Con il passare del tempo il numero dei gatti che si presentava sul mio balcone in cerca di cibo aumentò ed un giorno capitò una femmina nuova agile e scattante, dal manto integralmente nero, non ero sicura della sua origine ma ebbi l’impressione che fosse figlia di Postulante insieme ad un altro maschio molto bello, grigio con un collare di pelo bianco. La gatta non era molto socievole all'inizio, infatti quando le lasciavamo del cibo fuori del balcone aspettava che noi chiudessimo la porta finestra prima di avvicinarsi per mangiare, dimostrandosi molto guardinga anche nei confronti dei suoi simili con i quali sembrava andare poco d’accordo da come li teneva alla larga soffiando e mandando fuori degli acuti miagolii. Solo dopo qualche tempo acquistò un po’ di fiducia così da non ritrarsi quando le davamo da mangiare ma comunque evitando di farsi accarezzare. Lentamente prese confidenza con mio figlio e soltanto da lui incominciò a farsi coccolare, mio figlio era entusiasta della sua gatta e spesso ne elogiava l’eleganza del portamento e la snellezza delle forme dicendo che fra tutte le  gatte della colonia era l’unica ad avere l’incedere di una top model. Trovarle un nome non fu difficile perché oltre all'eleganza delle sue movenze, da lei si era attratti dallo sguardo magnetico, dagli occhi gialli e brillanti che di notte sembravano quasi rischiarare il buio con i suoi bagliori luciferini, e proprio per questo suo sguardo da piccola strega venne chiamata Samantha, come la spiritosa protagonista di una serie di telefilm seguiti dai miei ragazzi alla televisione, che sotto le sembianze di una graziosa mogliettina nascondeva il segreto di essere una strega dagli imprevedibili poteri che non sempre riusciva a tenere sotto controllo con le conseguenze più imprevedibili.

Mentre i gatti di cui mi occupavo erano abbastanza autonomi perché andavano e venivano sul balcone a loro piacimento, Damina, ma soprattutto Samantha divennero delle habitué tanto che trascorrevano sul balcone buona parte del loro tempo acciambellate nei vasi da fiori nella bella stagione, nascoste nei loro igloo durante l’inverno. Malgrado Samantha non incoraggiasse gli approcci dei maschi per il suo carattere piuttosto bisbetico, un giorno di primavera inoltrata ci accorgemmo un po’ meravigliati che era incinta e abbastanza prossima al parto. Quando sgravò nel famoso cesto sul terrazzo vidi che erano nati solo due piccoli, uno scuro come la madre e uno grigio, apparentemente in discrete condizioni. Ma Samantha non si rivelò una buona madre come al suo tempo Baffetta, forse perché alla sua prima esperienza, e invece di rimanere nel cesto tranquilla pensando soltanto ad allattarli dopo pochi giorni incominciò a spostarli in continuazione da un vaso ad un altro, lasciandoli spesso soli, esposti per parecchie ore al sole di giugno nelle ore più calde. Molte volte cercai di spostarli approfittando di qualche sua assenza e di rimetterli nel cesto, ma poco dopo la madre afferratili per la collottola li riposizionava nel luogo da cui li avevo spostati. Tentai un paio di volte di andare in soccorso dei cuccioli ma alla fine dovetti desistere di fronte alla cocciutaggine della madre. Qualche tempo dopo, quando i micetti avevano incominciato a muovere i primi passi, sentii provenire dei flebili miagolii dal giardino sottostante, mi precipitai sul balcone in preda ad un triste presentimento e non avendo trovato i piccoli nei luoghi abituali compresi che erano finiti di sotto, malgrado avessi schermato l’inferriata per proteggerli. Scesi immediatamente le scale e bussai alla porta dell’appartamento sottostante al mio spiegando all’inquilino che mi era venuto ad aprire che cosa era successo e se mi consentiva di accedere nel suo giardino per soccorrere i piccoli. Mi fece entrare e dopo qualche ricerca riuscii ad individuarli semi nascosti da alcuni cespugli di rose. Li soccorsi e li portai nel mio appartamento accorgendomi però che il gattino nero non doveva stare bene perché non reagiva alle mie stimolazioni, purtroppo poche ore dopo morì, probabilmente a seguito della brutta caduta. Rimaneva il grigio che io cercai di riaffidare alla madre, ma con grande sorpresa dovetti costatare che Samantha non ne voleva sapere di accudire il piccolo, infatti dopo averlo annusato a lungo gli aveva girato le spalle ignorandolo completamente per tutto il giorno. Fui così costretta ad occuparmene mio malgrado e una volta portato in casa mi accorsi che era una femminuccia. Mi riproposi però di accudirla finché non fosse stata più autonoma e di rimetterla sul balcone insieme agli altri appena possibile. I mesi che seguirono furono decisamente difficili per noi tutti perché Principe, quando si trovò in casa la gattina, incominciò a dimostrarsi aggressivo nei suoi confronti per gelosia e un giorno si permise di fare la pipì in casa sotto ai miei occhi, guardandomi fisso per sfida, dimostrando in questo modo tutto il suo disappunto. Fui cosi obbligata a chiudere Fumé, questo era nome che nel frattempo le avevamo dato, in una stanza per sottrarla alle pericolose attenzioni di Principe.

Fumé trascorse i primi mesi segregata nel mio studio, riducendolo in uno stato pietoso perché annoiandosi senza una compagnia, trascorreva il tempo grattando la carta da parati o facendosi le unghie sulle gambe delle sedie.

Verso i cinque mesi era diventata una bella gattina dal pelo grigio come i certosini, piuttosto piccola per l’età ma proporzionata, con due occhi tondi molto vivaci ma che esprimevano una grande paura verso tutto e tutti. Poiché non poteva continuare a vivere in una stanza e non essendo possibile lasciarla libera per casa per l’incompatibilità con Principe provammo a farla uscire sul balcone con la speranza che potesse socializzare con Damina e con la madre che nel frattempo avevamo sterilizzate, ma Fumé appena si trovò in un ambiente a lei estraneo incominciò a lamentarsi a graffiare al vetro della finestra per farsi aprire manifestando tutta la sua disperazione. Fui costretta a riportarla nella sua stanza dove per qualche tempo si nascose sotto un mobile, ringhiandomi contro ogni volta che tentavo di accarezzarla o allungando la zampetta con le unghie sguainate in segno di avvertimento. Ci volle un po’ di tempo prima che acquistasse nuovamente fiducia nei miei confronti e anche più avanti quando accettò di farsi accarezzare si vedeva che non era serena ma sempre sulla difensiva. Poiché il mio studio come la stanza di mio figlio si affaccia sul tetto di un balcone coperto sottostante al mio appartamento incominciai a lasciare aperta la finestra per invogliarla ad uscire e finalmente dopo qualche tempo Fumé iniziò a fare delle fugaci passeggiate su di esso e sulla copertura di un garage raggiungibile con un piccolo balzo. Rimaneva tuttavia nelle vicinanze sempre pronta a saltare sul davanzale della finestra appena avesse avuto sentore di qualche pericolo, trascorrendo tutta la sua esistenza nella stanza nei mesi freddi e d’estate appollaiata sul tetto del garage intenta a controllare ciò che avveniva sotto di lei nella strada, miagolando a gran voce se per caso qualche randagio fosse capitato per sbaglio nel suo esiguo territorio. In compenso era molto abile nella caccia e se un piccione sprovveduto le capitava troppo a tiro Fumé con una zampata fulminea lo ghermiva, strapazzandolo e divertendosi a giocarci fino a fargli fare una brutta fine e portando spesso il suo trofeo nella sua cuccia. I portieri dei palazzi limitrofi all’inizio si stupivano di vedere quella gatta vivere sul tetto del garage o sui davanzali delle mie finestre senza mai scendere in strada ma alla fine si abituarono a quella presenza un po’ inquietante che, ferma come una piccola divinità egizia, li scrutava dall’alto tanto da chiedermi sue notizie se per qualche giorno non l’avevano vista.

Continua.....

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