5. Le avventure di Principe


Intanto Principe cresceva bene ed era diventato un giovane gatto di quasi un anno, agile e snello come lo sono i gatti di questa età, quello che meravigliava tutti era il suo folto pelo lucido e lungo che lo facevano somigliare ad un persiano piuttosto che ad un soriano di umili origini. Della madre aveva conservato i colori del manto, il dorso scuro, il petto e il muso bianco, la mascherina nera intorno agli occhi, del padre la sicurezza, lo sprezzo del pericolo, sue doti personali erano la grande intelligenza e l’attaccamento che dimostrava nei nostri confronti.

In occasione di una visita di controllo dal veterinario, il dottore dopo aver costatato le sue buone condizioni fisiche mi fece un discorso che mi costrinse a mettere noi tutti di fronte ad una difficile decisione. “Vede signora, il gatto è entrato in una età in cui fra poco sentirà il richiamo delle femmine e il desiderio di crearsi un territorio di caccia da delimitare dall'ingerenza di altri, allora incomincerà a manifestare irrequietezza, a voler uscire da casa e anche se si trova in un ambiente chiuso a marcare il territorio spruzzando qua e là l’orina che ha un odore molto pungente. Le conviene farlo sterilizzare, è un intervento da nulla e lei sarà tranquilla che il gatto non le distruggerà casa e che crescerà tranquillo e sereno.” Ringraziato il dottore dicendogli che avrei riflettuto sulla sua proposta, tornai a casa e riferii ai miei quanto mi era stato suggerito, sollecitando un parere al riguardo, ma tutti furono categorici: nessuno avrebbe dovuto attentare alla virilità di Principe.

 Il più acceso difensore si mostrò mio figlio che non volle prendere in considerazione nessuna delle mie obiezioni, dicendo che lo avremo educato a non sporcare e che il veterinario aveva sicuramente esagerato per convincerci ad autorizzarlo per effettuare l’intervento.

Principe conservò la sua integrità fisica ma dopo un po’ di tempo incominciarono a manifestarsi quei sintomi che il veterinario aveva annunciato: era irrequieto, si lamentava, correva per il salotto su e giù andando a posizionarsi dietro le porte finestre che davano sul balcone, miagolando e cercando con le zampine di trovare un appiglio per aprire la finestra ed una volta indispettito per la delusione aveva schizzato con l’orina la tappezzeria della camera da pranzo. Era la prima volta che si azzardava a sporcare casa tuttavia fuori di me dalla rabbia e per paura che ciò potesse ripetersi lo afferrai con violenza e urlandogli che non si sarebbe dovuto mai più permettere un’azione simile e gli strofinai il muso sulla pipi che dal muro era scivolata a terra. Ma il vero motivo per cui Principe non marcò più il territorio fu che noi qualche tempo dopo lo assecondammo, facendolo uscire sul balcone e da lì alla strada il passo, o meglio il salto fu breve.

Le prime volte che Principe si trovò sul balcone non dimostrò alcuna intenzione di allontanarsi, si muoveva circospetto annusando in continuazione tutto ciò che gli capitava a tiro: i vasi, le piante, la cesta della legna dove era nato, ritirandosi prontamente dentro casa quando dal tetto del garage sottostante balzava sul terrazzo qualche gatto che era abituato a venirvi a mangiare. Poi, piano piano, si fece più coraggioso, incominciò a marcare il balcone e ad allontanare con qualche soffiata quei gatti che forse non gli andavano a genio.

Ma alla fine arrivò il momento che avevamo tanto paventato, il giorno che con un balzo raggiunse il tetto del garage e poi tramite un muretto, il giardino dell’appartamento a pian terreno ed infine la strada. Lo seguii preoccupata con lo sguardo, affacciandomi alla ringhiera, fino a dove era possibile scorgerlo poi, avendolo perso di vista, cambiai punto di osservazione, andando ad affacciarmi alle altre finestre della casa per vedere se fosse possibile scorgerlo in altri giardini dei palazzi vicini ma, non avendolo visto, decisi di scendere in strada.

 Mentre trafelata mi infilavo il cappotto, provai la stessa sensazione di quando qualche anno prima avevo deciso che per i miei figli, prima l’uno e poi l’altra, fosse giunto il tempo di andare a scuola da soli. Senza farmene accorgere le prime volte li avevo seguiti, rimanendo un po’ indietro camminando sul marciapiedi opposto al loro, controllando se attraversassero bene agli incroci più pericolosi delle strade o se dessero confidenza a qualche estraneo, desistendo dal pedinarli solo quando mi ero resa conto che mi potevo fidare di loro. Ora mi stavo comportavo allo stesso modo, come una madre ansiosa in preda ad una crisi di panico pensai e ne provai vergogna. Giunta in strada di Principe non vi era traccia, guardai allora fin dove poteva arrivare lo sguardo a destra e a sinistra ma niente, allora mi inginocchiai a terra per cercarlo sotto le auto parcheggiate in prossimità del mio portone d’ingresso, ma intercettai solo lo sguardo preoccupato e perplesso di qualche randagio che si era rifugiato lì sotto a riposare. In quella posizione mi sorprese Giacomo che nel frattempo si era affacciato dal portone: “Ha perduto qualcosa signora? “Mi chiese preoccupato vedendomi in quella strana posizione. “Veramente no”, gli risposi un po’ seccata di essere stata sorpresa a sbirciare sotto le auto, “sto cercando Principe, è sceso in strada, sa è la prima volta che si allontana dal balcone, ed io ho paura che si possa essere perso”. “Ma vuole scherzare?” Mi rispose guardandomi preoccupato, “i gatti non si perdono mai, con il loro fiuto riconoscono la strada e la ripercorrono a ritroso fino a casa, stia tranquilla, ritorni nel suo appartamento e vedrà che quando Principe si sarà stancato di andare in giro tornerà da lei.”

Ancora una volta Giacomo aveva avuto ragione perché tempo un’ora e Principe riapparve sul balcone miagolando, facendo intendere di voler entrare in casa e, appena mi vide, manifestò subito la sua contentezza per essere stato libero di girare, strusciandosi ripetutamente alle mie gambe e ronfando così forte da farsi sentire a distanza.

Durante il suo primo anno di vita le sue uscite furono brevi ed inoltre non allontanandosi mai troppo e accontentandosi di gironzolare in alcuni cortili di abitazioni adiacenti alla mia, che nel quartiere dove abito sono numerosi.

Infatti a Roma il quartiere Trieste-Salario si presta ad ospitare colonie feline perché oltre ad essere relativamente tranquillo è costituito da palazzi costruiti fra gli anni 20 e 40, che al loro interno presentano ampi cortili verdi e da villini, come quelli iniziati nel 1906 intorno a Piazza Caprera o del quartiere Coppedé, costruiti dal 1915 al 21 in stile liberty, circondati da giardini ombrosi o da spazi non edificati. Inoltre anche le case più recenti degli anni cinquanta e sessanta hanno mantenuto un aspetto di palazzina residenziale di quattro o cinque piani al massimo, con piccoli giardini ai piani terra e le strade su cui si affacciano, laterali alle principali, in cui vi sono negozi e il traffico è più congestionato, risultano, invece, abbastanza silenziose e tranquille. In questi spazi è l’habitat dei gatti randagi, è qui che si riparano d’inverno o d’estate pigramente distesi all'ombra di qualche pianta di ortensia o d’aspidistra, strusciando il muso e il corpo flessuoso sul tronco degli oleandri o annusando le profumate bordure di bosso che delimitano le aiole dei cortili o i cespugli di alloro. E’ qui che si muovono e saltano da un muretto all'altro, rincorrendosi per difendere il territorio o semplicemente per giocare con una foglia secca a terra o con uno scarafaggio sbucato da un muro umido e ammuffito. È in questi giardini in miniatura che si vedono far capolino graziosi micetti da dietro un cespuglio di roselline bianche o da un grappolo di profumatissimo glicine.

La città in questi modesti spazi verdi ha preservato un ricordo di stagioni e soprattutto nel quartiere la primavera non passa inosservata. Oltre ai glicini che si arrampicano imperterriti lungo le pareti screpolate dei vecchi villini, si possono intravedere nei cortili cespugli di biancospino o di petti d’angelo. Certe qualità di roselline rampicanti rosa tea o gialle, credo che siano rimaste solo su questi vecchi graticci di legno alzati a separazione di una proprietà condominiale dall'altra.

Passeggiando per queste strade meno frequentate è pertanto facile incontrare con una certa regolarità piattini di plastica e vaschette con l’acqua per i piccoli felini che le gattare posizionano in luoghi un po’ appartati per sottrarli allo sguardo di coloro che deplorano questo genere di iniziativa, ritenendo che contribuiscano a sporcare le strade. I gatti oltre ai giardinetti e ai cortili interni possono disporre in questo quartiere anche di ampi spazi verdi perché in esso si concentrano un gran numero di ville comunali, salvate nel 1908 dal piano edilizio di Saint-Just.

Villa Paganini, Villa Torlonia, il Parco Virgiliano, Villa Chigi, Villa Leopardi sono sempre state luoghi di raccolta di felini mentre l’enorme estensione di villa Savoia, luogo di svago e di passeggiate per i cani e i loro padroni, ne è rimasta deserta preferendo i gatti luoghi meno frequentati.

Negli anni che seguirono le uscite di Principe divennero abituali, fino a dicembre di solito non era interessato a rimanere molto tempo fuori casa ma quando arrivava gennaio nessuno lo poteva trattenere e fino a primavera inoltrata era più il tempo che trascorreva fuori che quello che si concedeva di riposo a casa. La mattina e le prime ore del pomeriggio le passava a dormire sdraiato sul divano o sul piano di marmo sopra al calorifero che d’inverno preferiva ad altri rifugi perché piacevolmente caldo, poi quando incominciava ad imbrunire si avvicinava alla porta finestra del balcone e iniziava a miagolare, chiedendo di uscire. Rimaneva fuori fino a notte inoltrata con tutti i tempi, solo verso l’alba spinto dalla fame, attraverso un altro percorso un po’ più spericolato, saltando dalla strada su di una pensilina di  eternit, posta a copertura del balcone dell’appartamento sottostante, giungeva sotto le finestre della camera da letto di mio figlio e iniziava a miagolare  talmente forte e in modo così prolungato che  destatosi, era costretto a farlo entrare per non svegliare tutto il vicinato. Entrato velocemente come un treno si precipitava in cucina davanti al suo piattino che mio figlio in trance si affrettava a riempire e, vuotatolo in un battibaleno, ripercorreva poi a ritroso lo stesso percorso, obbligando mio figlio a riaprire la finestra per sparire nella notte e ripresentarsi dopo alcune ore sporco e disfatto.

Per circa tre mesi il sonno di mio figlio veniva disturbato dai capricci di Principe e per quanto ci adoperassimo per fargli cambiare abitudine tentando anche di non aprire ai suoi richiami alla fine l’aveva sempre vinta lui.

Quando era diventato ormai un gatto adulto, aggressivo e forte da non temere più il confronto con i rivali in amore Principe per qualche giorno scomparve, non facendosi vivo neppure la notte per i suoi fugaci spuntini. Preoccupati lo cercammo ovunque nelle vie limitrofe, ispezionando ad uno ad uno tutti i cortili e i giardini, chiamandolo a gran voce tra la curiosità dei passanti che ci guardavano con un sorriso di commiserazione. Arrivammo a tappezzare con manifestini le strade intorno a casa con la foto di Principe, promettendo una lauta mancia a chi ce lo avesse fatto ritrovare, ma fu tutto inutile. Avevamo ormai perso ogni speranza quando durante una ennesima perlustrazione lo intravidi in un terrazzo a livello strada, fermo immobile a pochi passi da una gatta dalla quale non staccava gli occhi di dosso, immediatamente lo chiamai più volte, ma per tutta risposta rimase imperterrito come se non avesse sentito, ma dalle orecchie, che impercettibilmente si erano mosse come un radar, capii che aveva riconosciuto la mia voce. E quella sera finalmente tornò a casa più stremato e sporco che mai.

Continua.....

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti

Post più popolari