3. Un nuovo amico
Il grande entusiasmo dei miei alunni per
i gatti che ero riuscita a sollecitare anche attraverso la lettura di brani e
di testi narrativi che avevano come protagonisti gli animali, mi fecero
ricordare alcuni avvenimenti capitati alcuni anni prima quando, fresca di
concorso, mi era stata assegnata come sede una piccola scuola media in un paese
delizioso ma assai scomodo da raggiungere nella valle dell’'Aniene: Articoli
Corrado, arrampicato su di una collina a 500 metri alla quale si accede
attraverso una ripida strada tutta curve, in inverno prevalentemente gelate,
essendo il paese circondato dalle alte vette dei monti Ruffi. Articoli Corrado,
conosciuto anche come il paese delle modelle, perché da esso nell’800 venivano
molte giovani a Roma per essere ritratte negli studi dei pittori del tempo che
amavano anche dipingere nei loro quadri i paesaggi suggestivi di questi luoghi.
Avvenimenti, quelli che mi tornarono alla
memoria, che ribadivano la mia convinzione che i bambini amino tendenzialmente
gli animali e siano protettivi nei loro confronti a meno che gli adulti non li
mettano in guardia contro di loro o addirittura non siano di cattivo esempio
con il loro comportamento discutibile.
Nelle prime ore di un freddo pomeriggio
di marzo mentre un’acquetta gelida, simile a nevischio più che a pioggia veniva
giù da un celo bigio ed io ero intenta a fare manovra con la mia auto nel
piccolo piazzale in salita antistante la scuola, un gruppetto di miei alunni al
grido di: “Professoressa, professoressa!” Mi si fecero incontro tutti eccitati.
“Che succede, perché siete così agitati?” Dissi loro, faticando ad uscire dalla
vecchia Volkswagen in quanto i ragazzi si assiepavano intorno all'auto,
impedendomi di aprire lo sportello. “L’ho trovato io, insieme a Valentina,
mentre rientravamo a scuola dopo essere usciti con il professore per fare
educazione fisica”. Disse Silvia piena di sussiego, infilando la testa nel
finestrino, ancora aperto per prevenire i compagni. “Non è vero”. Obiettò,
urlando Simone: “Ha seguito me perché stavo mangiando ed è stato attirato dal
mio panino con il salame.”
“Va bene forse è stato attirato
dall'odore del tuo panino”, replicarono Silvia e Valentina in coro, alzando il
tono della voce per superare quella di Simone, sempre molto squillante, “ma tu
non ti sei fermato, mentre noi abbiamo aspettato che ci raggiungesse e gli
abbiamo dato alcuni pezzetti della nostra merenda e così ci ha seguito fino a
scuola." "E' da questa mattina che si è rintanato in quel cespuglio e ogni tanto
fa capolino.” Aggiunse Ivo, indicandomi un cespuglio di rovi, che in estate si
riempiva di gustosissime more, in un lato del piazzale.
“Possiamo tenerlo?” Esclamarono in coro
Simone e Valentina. “Calma ragazzi!” Risposi io, finalmente uscita dalla
vettura, mentre i miei vocianti alunni mi si facevano intorno. “Non ho capito bene
che cosa sia successo questa mattina e chi vi ha seguito fino a scuola, perché
non cercate di essere più chiari?” Aggiunsi. “State zitti!” Ordinò imperiosa
Valentina ai compagni, facendosi avanti con quella sua arietta saccente, ma
simpatica, con la quale riusciva sempre ad ottenere il consenso dei compagni e
l’approvazione degli insegnanti. “Spiego tutto io alla professoressa perché
come al solito voi sapete fare solo confusione.”
“Va bene Valentina, ma ora entriamo a
scuola, ormai si è fatta ora e qui fuori al freddo finiremo per bagnarci tutti.”
Replicai, cercando di convogliarli verso la porta d’ingresso. Entrati in
classe, dopo aver penato un poco per riportare la calma in quanto tutti
volevano parlare e dare la loro versione dei fatti, Valentina mi chiarì che
cosa era successo, dicendomi che di ritorno dalla lezione di educazione fisica,
che nella nostra piccola scuola avveniva all'aperto, essendo priva di palestra,
lungo il percorso erano stati seguiti da un gattino affamato. La collega di
matematica, dopo aver consentito ai ragazzi di rifocillarlo, li aveva però obbligati
a riportarlo nei pressi di dove lo avevano trovato con la speranza che
riconoscesse la strada di casa o che i suoi padroni lo ritrovassero, perché
senz'altro si trattava di un micetto di famiglia, essendo munito di un collare
antipulci ed avendo un aspetto sano e curato, ma poco dopo averlo lasciato, il
gattino era di nuovo tornato sui suoi passi e non si era più allontanato dal
piazzale, nascondendosi ora sotto un cespuglio, ora sotto un’auto miagolando
penosamente. Chiesi allora ad ognuno di loro se ci fosse stato qualcuno disposto
ad adottarlo ma come prevedibile tutti risposero che sarebbero stati ben
contenti di prenderlo in casa se non avessero avuto un cane e purtroppo tutti ne
avevano più di uno.
Vedendoli molto dispiaciuti per il fatto
di non poter trovare un padrone per il piccolo trovatello, di getto proposi che
lo avremmo adottato noi sempre che a turno ogni ragazzo avesse provveduto alla
sua alimentazione portando qualcosa da casa, assumendosi questa responsabilità
anche nei giorni di festa quando la scuola sarebbe rimasta chiusa. Tutti
accolsero la proposta con grande entusiasmo e il giorno seguente Davide si
presentò con una vecchia casetta di legno, che era appartenuta al suo cane, dicendo
che il gattino avrebbe avuto lì dentro un ricovero caldo per la notte e
provvedendo insieme ai compagni a collocarla, addossandola ad una parete
laterale della scuola, in un angolo protetto dal vento e dalla pioggia.
Il gattino non si mosse più dal piazzale
come se avesse capito che ormai quella era la sua casa, coccolato e accudito
giornalmente dai bambini si divertiva a giocare nel piazzale mentre i miei
alunni lo osservano incuriositi dalla finestra distraendosi di tanto in tanto
dalla lezione.
Purtroppo alcuni colleghi non si
mostrarono entusiasti della mia iniziativa, lagnandosi con me perché il micetto
era a loro detta una fonte di distrazione per gli alunni, anche se non osarono
prendere iniziative a riguardo, intimiditi dalle mie argomentazioni che
sostenevano l’adozione del micio una scelta finalizzata al potenziamento del
rispetto degli animali. Solo un collega si mostrò particolarmente contrariato e
per nulla disposto a condividere le mie convinzioni didattiche in merito al gattino.
Un collega sulla quarantina, dall'aspetto giovanile, che inizialmente non mi
aveva fatto una cattiva impressione, salvo poi rendermi conto in alcune
situazioni che era piuttosto ruvido nei modi ed attaccabrighe, mostrando ben
presto di che pasta era fatto.
Una mattina mentre appena giunta stavo
parcheggiando la macchina nel piazzale, mi incontrai con il collega che era
sopraggiunto qualche istante prima di me. Quando mi vide scenderete dalla
macchina mi si avvicinò in modo minaccioso dicendomi: “Bisogna che questo gatto
sparisca, sono stufo di dover star attento nel fare manovra che non finisca
sotto le ruote e non ne posso più di trovare le impronte delle sue zampette
sulla carrozzeria della mia auto, guarda come l’ha ridotta e dire che l’avevo
appena lavata!” Cercai di rabbonirlo dicendogli che occuparsi di un animale era
educativo per i ragazzi ma non feci che peggiorare la situazione perché mi
disse che da quando ero arrivata avevo cercato di imporre le mie idee
credendomi chi sa chi e che stessi al mio posto. Non replicai perché nel
frattempo erano giunti i ragazzi per l’inizio della scuola i quali, avendo
avuto sentore di una qualche discussione, si erano avvicinati e io non volevo
che assistessero ad un alterco fra i loro insegnanti.
Sta di fatto che qualche giorno dopo il
gattino sparì e malgrado i ragazzi lo avessero cercato per tutto il paese non
se trovò traccia, lasciandoli molto addolorati per la sua scomparsa. Qualcuno
di loro ipotizzò che il professore di francese avesse attentato alla sua vita
ma io lo esclusi categoricamente. Chi sa se ero stata abbastanza credibile da
convincerli? Io ce l’avevo messa tutta per non far trapelare che condividevo i loro
sospetti.
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