L’inganno








Era seduto sul letto da due ore, immobile, con lo sguardo fisso su una crepa del muro, uno sguardo carico di odio con gli occhi iniettati di sangue quasi che da questi potessero uscire due lingue di fuoco in grado di far diventare quella fessura una spaccatura talmente grande da poterci infilare dentro qualcuno per poi rinchiuderlo tra i due blocchi di calcestruzzo. Lui sapeva perfettamente chi avrebbe voluto murare vivo lì dentro, quel qualcuno che adesso non faceva altro che popolare i suoi peggiori incubi. Ricordava come se fosse stato ieri il suo primo incontro con lui anche se erano passati cinque anni. Era alla ricerca di gommoni, veloci ed affidabili, per trasportare in doppi fondi i suoi pesanti carichi nel mar Mediterraneo. Una persona di sua fiducia gli aveva parlato di un giovane proprietario di un piccolo cantiere navale che costruiva barche off-shore. Era convinto che sarebbe stato facile convincerlo, il più delle volte bastava sventolare qualche banconota di grosso taglio per convincere le persone a fare a affari con lui. Il ragazzo invece gli aveva risposto subito no, non era interessato, probabilmente aveva capito a cosa gli servivano quei gommoni, cosa avrebbero trasportato e non voleva avere problemi. Ma il modo in cui lo aveva guardato dritto negli occhi, senza esitazione o paura e gli aveva detto di no, invece di farlo incazzare lo aveva incuriosito, quel ragazzo gli era rimasto simpatico, gli piaceva quella sua fermezza mista a spavalderia, probabilmente gli ricordava sé stesso da giovane. L’uomo era rimasto calmo e gli aveva detto di pensarci qualche giorno, che non c’era fretta, gli aveva fatto capire che non sarebbe stato un lavoro isolato ma che con il tempo avrebbe avuto bisogno di diverse imbarcazioni e, se lui fosse stato bravo e all’altezza del compito, avrebbe potuto guadagnare parecchi soldi. Gli aveva lasciato il suo numero di cellulare, e girate le spalle si era allontanato lentamente. Era convinto che il giovane avrebbe cambiato idea, mai nessuno era stato così pazzo da rifiutargli qualcosa ma non si era reso conto che con quella offerta aveva abbassato le sue difese, si era esposto ad un rischio che avrebbe pagato a caro prezzo, si era appena condannato ad una discesa verso gli inferi senza possibilità di risalita. Questo però lo avrebbe capito solo dopo molto tempo. Il ragazzo lo aveva richiamato una settimana dopo e aveva accettato l’incarico, era stato freddo e sbrigativo, come se fosse stato un lavoro come un altro. L’uomo, continuando a fissare la crepa, pensò che forse avrebbe dovuto insospettirsi di quella sua risposta gelida senza emozioni e dei troppi giorni che erano passati prima che lui cambiasse idea, ma all’epoca era troppo preso da sé stesso e dal suo maledetto ego per rendersene conto e, comunque, se anche avesse avuto qualche dubbio questi sarebbero stati fugati presto dall’ottimo lavoro che avrebbe svolto. In pochi mesi il giovane gli aveva costruito dei gommoni perfetti, che volavano sull’acqua. Le consegne erano avvenute senza mai un intoppo. Aveva soddisfatto ogni sua richiesta e risposto ad ogni sua curiosità.  Con il tempo l’uomo aveva creduto di essere riuscito a penetrare quella sua barriera e di aver stretto con lui un rapporto di rispetto e fiducia. Il giovane si era comportato, ogni giorno che passava, in maniera più spontanea, aveva cominciato ad interessarsi ai suoi nuovi progetti, quasi che ne volesse entrare a far parte. L’uomo aveva deciso, dopo diversi mesi, di far guidare a lui uno dei gommoni con il suo costoso carico. Lo aveva messo alla prova per vedere se sarebbe stato in grado di svolgere quel compito, se era degno della sua stima, ma soprattutto voleva verificare se sapeva tenere la bocca chiusa sui suoi affari. Il giovane non lo aveva deluso, si era comportato in maniera impeccabile e anzi aveva cominciato a dargli preziosi consigli su come migliorare i trasporti per mare e le consegne. L’uomo non aveva figli, non aveva mai voluto una famiglia, cambiava donne in continuazione, non aveva affetti. Non perché non ne sentisse il bisogno, anzi era un uomo profondamente solo che soffriva di questa sua solitudine, ma perché pensava che gli affetti ti rendono debole, ti fanno abbassare la guardia e ti rendono vulnerabile al nemico che saprebbe dove colpirti. Però con l’arrivo del giovane l’uomo aveva capito di aver bisogno di un erede. Aveva costruito in vent’anni un impero che non sapeva a chi lasciare, non poteva vedere vanificato tutto il suo lavoro, doveva affidarlo a qualcuno che avrebbe saputo gestirlo al meglio. Cosi gli aveva aperto le porte della sua casa, gli aveva raccontato come giravano i suoi affari, lo aveva reso partecipe dei suoi progetti. Ma soprattutto aveva fatto quello che si era sempre rifiutato di fare: si era affezionato a lui. E il giovane, al culmine della sua scalata, lo aveva pugnalato alle spalle, lo aveva tradito nella maniera peggiore. Lo aveva venduto allo Stato.
Adesso seduto sul letto della cella in cui lo avevano rinchiuso l’unica cosa a cui riusciva a pensare era a come fargliela pagare, a come colpirlo nel modo più doloroso possibile. Non l’avrebbe ucciso, almeno non subito, ma l’avrebbe fatto soffrire lentamente, gli avrebbe tolto tutto e avrebbe colpito i suoi affetti, avrebbe sgretolato ogni sua sicurezza. Non sapeva quanto tempo avrebbe dovuto aspettare per realizzare il suo piano ma non gli importava, sapeva che ci sarebbe riuscito. La vendetta è un piatto che va servito freddo ma l’appetito non gli sarebbe passato, quel pasto l’avrebbe consumato ad ogni costo.

Racconto liberamente ispirato ad un fatto di cronaca.
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