L'Albero dei desideri
Roma 24 dicembre
Greta
Greta, seduta ad uno dei tavolini del bar
della stazione Termini, stringeva con tutte e due le mani una tazza di
cioccolata bollente per cercare di scaldarsi un po’ mentre attendeva che si
facesse l’ora giusta per salire sul treno che l’avrebbe riportata a casa per le
festività natalizie. Come al suo solito, per paura di perdere il treno, era
arrivata in stazione con largo anticipo ed essendo intirizzita dal freddo
pungente, che l’aveva colpita come uno schiaffo una volta uscita di casa, aveva
deciso di fermarsi al bar per prendere una tazza fumante della sua bevanda
preferita e ritrovare così un po’ di calore. Le previsioni meteo minacciavano
da giorni neve sulla città e la giovane donna temeva che, se i fiocchi fossero
scesi prima della sua partenza, questi avrebbero creato problemi alla
circolazione dei mezzi, con possibili pesanti ritardi. Perciò non faceva che
osservare con preoccupazione fuori dalla vetrata il cielo coperto da una coltre
di nuvole bianche, pregando che non nevicasse. Mentre beveva a piccoli
sorsi la sua cioccolata, lo sguardo cadde su un volantino appeso ad una delle
bacheche del bar che diceva:
“Natale è arrivato in stazione con
l’Albero dei Desideri e il protagonista sei tu! Dal 12 al 26 dicembre ritira la
tua pallina di Natale, scrivi il tuo sogno più grande e appendilo all’albero.”
Sotto il portico dell’entrata alla
stazione Termini era stato addobbato un bellissimo albero di Natale, colorato
da centinaia di lucine al led, sul quale i viaggiatori passando potevano
lasciare, dentro una palla decorata, un loro piccolo pensiero o desiderio con
la speranza che la magia del Natale riuscisse ad esaudire ciò che fino a quel
momento era rimasto solo un sogno nel cassetto.
Dopo aver letto il volantino, un sorriso
sarcastico si dipinse sul volto di Greta. Nella sua vita, infatti, le era
capitato di tutto tranne che un colpo di fortuna. Come diceva un vecchio detto:
“La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”! E in quanto a sfortuna lei
si considerava un’autorità sull’argomento e pensava che l’anno appena trascorso
ne fosse una prova lampante. Negli ultimi dodici mesi, infatti, era stata
licenziata per ben due volte, non perché non fosse capace ma perché le aziende
per quali lavorava avevano dovuto ridurre il personale; le si era rotto un tubo
del bagno che aveva allagato il suo appartamento e quello sottostante creando
notevoli danni che per riparare era stata costretta a dare fondo a tutti i suoi
risparmi; e dulcis in fundo a tre giorni dalle ferie estive era stata piantata
in asso dal suo fidanzato storico che, invece di partire con lei per la
Sardegna, le aveva confessato che la vita tradizionale di coppia non faceva per
lui e che aveva deciso di unirsi ad un gruppo di alpinisti in partenza per
l’Himalaya.
Stanca di aspettare seduta al bar che si
facesse ora, diede una pulitina ai suoi occhiali da vista che si erano
appannati con il vapore salito dalla cioccolata e, una volta uscita dal locale,
decise di fare un giretto per i negozi della stazione per distrarsi un po’ e
scacciare i brutti pensieri. Mentre camminava osservando le vetrine, con le
ultime allettanti offerte, non poté fare a meno ogni tanto di dare una
sbirciatina all’albero di Natale che si ergeva bellissimo al centro del
portico, alto e pieno di luci. Pur non credendo minimamente che lasciando un
biglietto appeso ad uno dei suoi rami potesse cambiare qualcosa nella sua vita,
sentiva che c’era qualcosa che la spingeva verso quell’albero e lei, pur
continuando a guardare distrattamente le vetrine, gli si cominciò ad avvicinare
piano piano. Quando fu arrivata ai suoi piedi si fermò un attimo ad
osservarlo presa dai suoi mille pensieri, quando stava per girarsi e andarsene
perché incominciava a fare tardi, fu richiamata dalla voce di una anziana
signora:
“Signorina, signorina mi può aiutare per
favore?”. Greta si girò verso di lei e vide una donna dal viso dolce circondato
da una folta capigliatura riccia di un bianco splendente che la osservava
stringendo in una mano un foglietto di carta ed una penna e nell’altra una
palla di plastica blu trasparente aperta a metà.
“Mi dica signora, come posso aiutarla?” –
Le chiese un po’ titubante Greta.
“Sia così gentile, avevo preso questo
biglietto per scrivere un mio pensiero ma non mi ero accorta che fosse così
tardi e devo correre al treno, per favore scriva lei qualcosa e lo appenda
all’albero non vorrei che buttarlo invece di compilarlo sia di cattivo
auspicio, lo so penserà che sono una vecchia rincitrullita ma gliene sarei
infinitamente grata se lo facesse” – E così dicendo mise nelle mani della
giovane donna tutto l’occorrente e sui piedi malfermi si incamminò verso i
treni.
Greta rimase per qualche secondo immobile
ad osservare l’anziana mentre si allontanava pensando al da farsi, non sapeva
se assecondare il desiderio di quella originale signora o lasciar perdere poi,
guardando l’orologio e resasi conto che pure lei aveva poco tempo e che si
doveva affrettare, all’improvviso si avvicinò ad una panchina, vi si appoggiò e
scrisse di getto una breve frase sul pezzetto di carta e, dopo averlo
velocemente ripiegato, lo infilò dentro la palla e correndo lo andò ad
appendere all’albero, poi si affrettò verso i binari.
Mentre camminava velocemente guardando il
tabellone per cercare di capire dove andare fu urtata violentemente da un uomo
con una valigia che nell’impatto le fece volare via gli occhiali che lei cercò
goffamente ed invano di afferrare al volo, ma che dopo una parabola di qualche
metro, ricaddero per terra in mezzo alla calca della stazione venendo
calpestati dai piedi dei viaggiatori. Greta si gettò nella mischia per cercare
di recuperarli ma fu una fatica inutile perché dopo aver impiegato diversi
minuti alla loro ricerca, quando riuscì finalmente a trovarli, si accorse che
le lenti erano state distrutte in mille pezzi. Arrabbiata con se stessa per non
essersi accorta dell’uomo, diede la colpa a quello stupido albero, convinta che
se non si fosse attardata a scrivere il bigliettino non sarebbe successo niente
e ora non starebbe brancolando nel buio, dato che senza occhiali era
praticamente una talpa.
Giacomo
Giacomo dormiva beatamente quando un gran
trambusto di clacson lo svegliò bruscamente. Era convinto che fosse ancora
prestissimo tenendo conto che una debole luce filtrava a malapena tra le
tapparelle accostate e la sveglia, che lui aveva impostato per le 7,30, ancora
non aveva suonato.
Non capiva però come mai ci fosse già
questo terribile rumore di automobili sotto la sua finestra che strombazzavano
di continuo. Faticosamente e controvoglia si girò nelle coperte verso il
comodino per vedere che ore fossero e per poco non cadde dal letto. Era in
ritardo spaventoso, le lancette dell’orologio segnavano le 8,10, la sveglia non
aveva suonato, e lui alle 9,15 doveva essere a Termini per prendere il treno
che lo avrebbe riportato a casa per festeggiare il Natale in famiglia. Con un
balzo scese dal letto e si affrettò in bagno. Il suo umore, che già era pessimo
perché non aveva gran voglia di tornare a casa, peggiorò ulteriormente perché
doveva sbrigarsi e mettere di corsa le ultime cose in valigia, sperando di non
dimenticare niente.
Erano giorni che si arrovellava il
cervello per trovare le parole migliori con cui affrontare i suoi genitori e
dir loro che aveva abbandonato da tempo gli studi di legge per dedicarsi alla
sua grande passione, disegnare fumetti; sapeva che non poteva aspettare oltre,
doveva togliersi quel macigno dal cuore che avrebbe sicuramente provocato un
gran dispiacere alla sua famiglia soprattutto al padre avvocato, che sperava di
poter passare la sua attività al figlio. Giacomo ormai trentenne non poteva più
trovare scuse per questo suo ritardo nel laurearsi e doveva dire la verità e
anche ora che correva da una parte all’altra della casa continuava a ripetere
ad alta voce il discorso che si era preparato ma che a dir la verità non gli
sembrava un granché:
“Mamma, papà lo so che vi darò un gran
dolore ma non posso continuare a dirvi bugie, io non intendo fare l’avvocato,
la mia grande passione è il disegno e sono molto bravo in questo … ormai da un
anno e mezzo lavoro in una rivista di fumetti e sto spendendo tutte le
mie energie in questo progetto perché conosco le mie potenzialità, so che posso
avere successo, passo intere giornate in redazione a disegnare … ho deciso che
non voglio sacrificare questo mio grande sogno per fare un lavoro che invece
non amo e per il quale non mi sento portato, mi dispiace ma ho deciso di
continuare su questa strada e di abbandonare definitivamente gli studi di
legge!”
Mentre si infilava il cappotto afferrando
velocemente la valigia pensò che questo sarebbe stato il peggiore Natale
della sua vita e non vedeva l’ora che passasse il più veloce possibile.
Arrivò alla stazione alle 9,10 e per
fortuna lesse sul tabellone delle partenze che il suo treno aveva quindici
minuti di ritardo. Mentre si incamminava a passo più calmo verso i binari la
sua attenzione fu richiamata da un capannello di persone che si trovava sotto
il portico vicino ad un albero di Natale. Curioso andò a vedere cosa stesse
accadendo, la gente si stava accalcando numerosa intorno ad un piccolo gazebo
dove accanto era stato posto un cartello pubblicitario che recava scritto:
“Natale è arrivato in Stazione con
l’Albero dei Desideri e il protagonista sei tu! Dal 12 al 26 dicembre ritira la
tua pallina di Natale, scrivi il tuo sogno più grande e appendilo all’albero.”
Giacomo indeciso sul da farsi, guardò il
display del telefonino che segnava le 9,15. Gli sembrava una idea un po’ infantile
mettersi a scrivere un biglietto a Babbo Natale ma in fondo si chiedeva cosa
avesse da perdere. Senza riuscire però a decidersi rimase immobile di fronte al
gazebo, quando improvvisamente una vecchina seduta dietro la scrivania richiamò
la sua attenzione.
L’anziana dalla folta e riccia
capigliatura bianca come la neve gli fece il gesto di accostarsi e lui un po’
imbarazzato le si avvicinò.
“Ragazzo mio cosa stai aspettando, prendi
un bigliettino e scrivi il tuo pensiero.” – Gli disse con un dolce sorriso e
con modi gentili che sul giovane uomo ebbero un effetto ammaliatore.
“Signora, la ringrazio ma veramente non
credo tanto in queste cose.” – Le rispose un po’ dispiaciuto.
La donna però senza neanche aspettare la
sua risposta prese un pezzetto di carta, la penna e la palla natalizia e
porgendoglieli gli disse:
“Non smettere mai di credere nei sogni,
perché questi si realizzano quando meno te lo aspetti e nelle maniere più
sorprendenti.” – E porgendogli ciò che aveva in mano, continuò: “Su prendi, il
tuo treno sta per partire, non indugiare oltre scrivi il tuo desiderio,
attaccalo all’albero e parti sereno, vedrai che tutto si risolverà”. – Giacomo
non capì a cosa la donna si riferisse ma non volendole dare un dispiacere,
almeno a lei, prese carta e penna, scrisse velocemente il suo pensiero e dopo
averlo attaccato all’albero corse al suo binario.
Il treno
Greta non vedeva ad un palmo dal suo naso
e i caratteri del tabellone erano troppo piccoli per lei, era però sicura di
aver letto prima di perdere gli occhiali che il suo treno partiva dal binario
nove, così dopo aver tentato di avere conferma dal tabellone sul quale le
sembrava di aver vagamente intravisto il numero giusto, si incamminò di fretta
verso il treno. Come si allontanò, però, qualcosa di strano avvenne alle sue
spalle. I numeri dei binari accanto al nome del treni cominciarono a girare
all’impazzata e, quando improvvisamente si fermarono, quello accanto al nome
della sua destinazione, Salerno, in partenza alle 9,45 non era più un 9 mai un
6. La giovane donna ignara di quello che era appena avvenuto si diresse verso
il binario sbagliato. Proprio nel momento in cui Greta si allontanava
Giacomo si fermava davanti al display per cercare il suo binario, dopo
aver atteso che i numeri impazziti fermassero la loro folle corsa, senza capire
bene cosa fosse successo, localizzò la scritta che riportava il suo treno per
Lecce e si diresse verso il numero indicato, il 9.
Greta non riusciva a vedere bene cosa ci
fosse scritto sul biglietto le sembrava che indicasse carrozza 4, posto 12C.
Facendosi largo con i gomiti tra la folla accalcata sulla pensilina che, con
voluminose valigie, cercava a spintoni di salire sui vagoni, riuscì
faticosamente a montare sul treno, a sistemare la valigia nell’apposito scomparto
e a sedersi sulla sua poltrona. Senza saperlo si trovava seduta nell’unico
posto che era stato disdetto pochi minuti prima da una anziana signora che
all’ultimo momento aveva deciso di annullare il suo viaggio.
Dopo aver sistemato il suo cappotto nella
cappelliera, Greta tirò fuori dalla borsa gli occhiali da lettura, il libro che
stava leggendo e il suo lettore mp3 e indossate le cuffiette si estraniò dal
mondo circostante.
Giacomo raggiunse il posto 13C carrozza 4
qualche minuto dopo, avendo comprato il biglietto all’ultimo momento non era
riuscito a trovare un posto singolo vicino al finestrino ma solo lato corridoio
con il tavolino condiviso, in cuor suo sperò, mentre cercava il numero giusto,
che gli altri tre viaggiatori con cui avrebbe dovuto condividere il viaggio
fossero persone silenziose perché lui voleva solo essere lasciato in pace per
poter disegnare in tranquillità. Come si sistemò sulla sua poltrona poté tirare
un sospiro di sollievo, di fronte lui era seduta una giovane donna intenta a
leggere un libro e ad ascoltare musica mentre, accanto a sé, aveva una coppia
di anziani che già sonnecchiava; rasserenato tirò fuori dal suo zaino l’album
da disegno, la matita e si mise a lavoro senza perdere altro tempo.
Dopo 5 minuti fu annunciato dagli
altoparlanti finalmente la partenza del treno che aveva accumulato intanto un
altro quarto d’ora di ritardo e che finalmente lasciava la stazione Termini
alle 9,45 in direzione di Lecce. Greta immersa nella sua lettura si accorse
della partenza del treno solo quando questo si mise in movimento, guardando
l’orologio fu contenta di notare che partiva in perfetto orario, con la musica
che le risuonava nelle orecchie non aveva udito il messaggio dello speaker.
Il viaggio verso casa
Dopo mezz’ora circa di viaggio il treno
improvvisamente arrestò la sua corsa, all’inizio nessuno ci fece caso,
succedeva spesso che un treno dovesse fermarsi per qualche minuto per il
passaggio di un altro treno ma il tempo passava inesorabile senza che il
convoglio si rimettesse in moto e i viaggiatori stanchi ed innervositi
cominciarono a chiedersi cosa stesse accadendo. Dopo poco uno speaker annunciò
agli altoparlanti che per un guasto della linea elettrica dell’Alta Velocità il
treno non avrebbe ripreso la sua corsa prima di un’ora, tempo necessario per
riparare il guasto. A quelle parole molti viaggiatori cominciarono a dare in
escandescenze, alcuni fermarono le hostess per avere maggiori dettagli sulla
situazione; Greta, che fino a quel momento non si era accorta di niente assorta
nella lettura, alzando gli occhi dal libro vide grande agitazione nel vagone e
chiese al ragazzo che aveva di fronte cosa stesse accadendo:
“Nulla di buono, purtroppo. Ci hanno
appena informato che c’è un guasto sulla linea elettrica e che non ci muoveremo
da qui per almeno un’ora!” – Le rispose Giacomo abbastanza avvilito.
“Questo proprio non ci voleva, dovevo
essere a casa prima dell’ora di pranzo, ancora non ho finito di fare gli ultimi
regali e speravo di riuscirci prima della chiusura dei negozi”. – Disse
osservando le lancette del suo orologio.
“Beata te che scendi presto io devo
arrivare a fine corsa, fino a Lecce, quasi quasi approfitto per farmi un
pisolino, stanotte non ho dormito granché” .
Ma la ragazza non lo stava più ascoltando
si era fermata a pensare dopo che lui le aveva detto che il treno arrivava a
Lecce, ciò non era possibile si disse perché il treno si fermava a
Salerno, sicuramente il ragazzo si era confuso o aveva sbagliato treno oppure
lei aveva sbagliato treno, a questo pensiero le si gelò il sangue nelle vene,
un terribile presentimento si impossessò di lei e in preda al panico gli
chiese:
“Scusa, come hai detto? Il treno arriva a
Lecce? Sicuramente ti sei confuso, la sua destinazione è Salerno… giusto?” – E
così dicendo si girò verso l’anziana signora che le era seduta accanto,
cercando in entrambi conferma di quello che stava affermando con scarsa
convinzione, ma non fece a tempo a finire la frase che la donna le stava già
facendo no con la testa mentre Giacomo le diceva:
“Temo che tu abbia preso il treno
sbagliato, questo non passa per Salerno ma per Caserta e poi scende in Puglia.”
– Le disse ciò a bassa voce e lentamente, sperando che questo potesse in
qualche modo rendere la notizia meno tragica.
“E adesso come faccio a tornare a casa?” –
Rispose Greta, rivolgendosi più a se stessa che agli altri viaggiatori. Giacomo
dispiaciuto per lei cercò soluzioni alternative che la potessero aiutare.
“Potresti scendere a Caserta e prendere la
coincidenza per Salerno, allunghi un po’ ma saresti a casa nel pomeriggio,
sempre che il treno riparta!” – Le consigliò guardando fuori dal finestrino
nella speranza, contro ogni previsione, che quest’ultimo stesse già riprendendo
la sua corsa.
“Lo sai che non è per niente una cattiva
idea, anzi direi che è l’unica alternativa che ho, grazie mille del
suggerimento!” – Rispose Greta leggermente sollevata all’idea di non
dover passare la notte della vigilia in una triste stazione. Senza perdere
altro tempo, si mise alla ricerca dello smartphone nella sua capiente borsa per
collegarsi ad internet e vedere a che ora partivano i prossimi treni
dalla stazione di Caserta per Salerno e comprare subito un altro biglietto.
“A dire il vero io preferirei passare il
Natale qui dentro che con la mia famiglia!” – Disse improvvisamente Giacomo che
sentiva la tensione salire ogni minuto che passava. Greta incuriosita dalle
parole del ragazzo, fermandosi un attimo, gli chiese:
“Veramente vorresti passare il Natale lontano
dai tuoi? Probabilmente penserai che non sono affari miei ma penso che per
quanto i rapporti con i componenti di una famiglia possa essere certe volte un
po’ complicati sia sempre meglio passare le feste con loro che su un
treno con estranei”.
“Non ne sarei così sicuro!” – Le rispose
con fare sarcastico, ma poi tornando serio continuò: “Probabilmente penserai
che sono un insensibile, ma ti posso assicurare che io non sono quel tipo di
persona. Tuttavia sono stanco di non poter essere padrone della mia vita, di
non poter decidere autonomamente cosa sia meglio per me. Ho compiuto quest’anno
trent’anni, direi che ho passato la maggiore età già da parecchio, eppure per i
miei genitori resto sempre un ragazzino da controllare, a cui imporre cosa
fare.” Poi, dopo una breve pausa durante la quale i due giovani rimasero in
silenzio, Giacomo continuò: “Sono nato in un piccolo centro in provincia di
Lecce, dove i miei vivono tuttora e dove mio padre ha uno studio di avvocato.
Mio padre è una persona molto conosciuta e stimata. Se qualche abitante del paese
ha qualche dubbio o problema la prima persona a cui vanno a chiedere consiglio
o aiuto è lui; è il tipico uomo sicuro di sé, con le idee chiare, che ha sempre
ottenuto ciò che desiderava. Sin da quando ero piccolo lui ha visto in me il
suo naturale successore, nei suoi piani avrei dovuto fare anche io l’avvocato
per lavorare con lui nello studio di famiglia e portare avanti la sua attività.
Ma vedi, tutto questo è il suo sogno, non il mio!” – Affermò tutto d'un fiato,
rendendosi conto solo alla fine del suo discorso di stare raccontando la sua
vita ad una perfetta sconosciuta.
Giustificò questo comportamento a se
stesso con il bisogno di aprirsi con qualcuno, di confidarsi con una persona
amica, che lo ascoltasse e consigliasse. Era stanco di tenersi tutto dentro,
fino ad ora non aveva fatto parola con nessuno delle sue difficoltà, per
carattere non era portato a chiedere aiuto. I problemi erano suoi e doveva
risolverseli da solo. Così aveva sempre pensato e agito. Ma questo
atteggiamento lo aveva nel tempo allontanato da tutte le persone che gli
volevano bene che avevano scambiato la sua difficoltà ad aprirsi con
freddezza e superficialità.
Greta rimase in silenzio per qualche
secondo non sapendo bene cosa dire, temeva di pronunciare qualche banalità, come
succede spesso in questi casi quando si dicono le tipiche frasi di circostanza,
frasi che lei non sopportava. Ma non conoscendo il ragazzo era difficile
trovare parole sensate e giuste, l’unica cosa che le venne in mente fu:
“Hai provato a parlare con lui? A
spiegargli cosa provi, a fargli capire il tuo disagio a fare un lavoro che non
fa per te?” – Provò a chiedergli a bassa voce, un po’ imbarazzata
nell’affrontare un problema così delicato con una persona del tutto
sconosciuta.
“Sono stato così tante volte sul punto di
dirglielo, di affrontarlo e fargli capire il mio pensiero, ma non ho mai avuto
il coraggio di andare fino in fondo”. – Concluse sprofondando nella poltrona,
arrabbiato con se stesso.
“Immagino che se non vuoi fare l’avvocato,
avrai altri sogni, altri progetti. Posso chiederti quali sono?”
Giacomo si illuminò a quella domanda,
prese l’album da disegno e lo aprì su uno degli schizzi che aveva appena
fatto porgendolo alla ragazza.
“Sono solo degli abbozzi, devo ancora
terminarli. Sono un fumettista, o almeno ci provo, sono ancora agli inizi” – Le
disse mentre sfogliava l’album così che Greta potesse vedere i suoi diversi
lavori.
“Ma sono bellissimi, sei veramente bravo!
Li hai fatti tutti tu? Io non sono esperta ma per quello che posso vedere non
sembra proprio che tu sia agli inizi!” – Mentre parlava, incuriosita dai quei
disegni, si avvicinò di più all’album per guardarli più attentamente. –
“Ma li hai fatti vedere a tuo padre? Sa quanto tu sia bravo in questo?” –
Disse indicando uno dei bozzetti.
“Veramente no, non glieli ho mai fatti
vedere, capisco solo adesso che non l’ho mai fatto per paura del suo giudizio,
per timore che non gli piacessero.” – Le rispose grattandosi la testa.
“Scusa se mi permetto ma hai fatto molto
male, glieli devi far vedere. Non devi temere quello che lui potrà dire! Prima
di tutto perché sono oggettivamente molto belli e poi perché è quello che tu
vuoi fare! Devi essere sincero con lui come lo sei stato con me e spiegargli le
tue ragioni. Devi mostrarti sicuro di te e del tuo talento e che sei disposto a
combattere per ottenere ciò che vuoi come ha fatto lui quando era giovane. Hai
una dote e non la devi sprecare!” – Concluse con decisione guardandolo negli
occhi sinceramente colpita dalla sua bravura.
“Sei una ragazza che non ha peli sulla
lingua, che dice quello che pensa!” – Le rispose Giacomo un po’ divertito dai
modi diretti della giovane ma riconoscente per le sue parole.
“Scusami, hai ragione, è il mio più grande
difetto, dico sempre quello che penso!” – Gli rispose mentre le sue guance
prendevano fuoco.
“Invece sai che ti dico, hai perfettamente
ragione. Devo smettere di avere paura e devo cominciare a prendermi le mie
responsabilità! Ti ringrazio, le tue parole mi sono state di grande aiuto.” –
Concluse, e solo allora guardandola attentamente si rese conto per la prima
volta di quanto fosse carina, non era solo per il suo aspetto, ma anche per i
suoi modi gentili ma determinati, sembrava essere una ragazza delicata ma nello
stesso tempo forte di carattere. Poi continuando:
“Anzi scusami per averti raccontato i miei
problemi, generalmente non sono così pesante!” – Le disse facendo una
fragorosa risata che fece divertire Greta. – “Guarda ci stiamo muovendo, il
treno ha ripreso a camminare!” – Finalmente era ripreso il viaggio verso casa.
Greta, ora che sapeva l’orario di arrivo, poté comprare il suo biglietto che da
Caserta l’avrebbe portata a Salerno.
Per tutto il tempo che restava loro, prima
dell’arrivo del treno in stazione, i due giovani continuarono a chiacchierare
amabilmente. Si raccontarono le loro disavventure ma anche i loro sogni e le
loro speranze. Lui le diede qualche buon consiglio sul colloquio di lavoro che
avrebbe dovuto sostenere dopo Natale. Scoprirono di avere passioni comuni e
visioni della vita similare. Lui spesso la faceva ridere con le sue battute,
aveva un senso dell’ humour che la divertiva
tanto. Erano mesi che non sorrideva così.
Quando si sta bene il tempo corre veloce e
forse troppo presto il treno giunse a Caserta.
I saluti furono un po’ frettolosi ed
imbarazzati, non sapevano bene cosa dirsi. Lui avrebbe voluto chiederle il
numero di telefono, gli dispiaceva non poterla più vedere, ma non voleva essere
sfacciato. Si chiese chissà cosa avrebbe pensato lei della sua richiesta dopo
solo poche ore di conoscenza. Lei non sarebbe più voluta scendere dal treno,
che importava se non arrivava a casa per cena, ma non poteva certo dirglielo,
inoltre pensò che sicuramente avesse una fidanzata ad aspettarlo a casa, era
troppo affascinante per poter essere solo, si disse fra sé.
Solo quando lei stava per scendere dal
treno lui la rincorse e le disse:
“Non ti ho chiesto neanche come ti chiami,
scusami sono un vero cafone.” – Le disse con il suo più dolce sorriso mentre
lei scendeva la scaletta del treno e posava la valigia sulla banchina.
“Greta, il mio nome è Greta.” – Fu l’unica
cosa che riuscì a rispondere.
“Ciao Greta, io sono Giacomo ed è stato un
vero piacere fare questo viaggio con te!” – Le disse mentre il fischio del
capotreno annunciava la chiusura delle porte e la partenza del treno.
Lei non fu capace a fare altro che
sorridergli mentre il treno si allontanava, maledicendosi di non essere
riuscita a spiccicare una sola parola! Dopo di che non poté fare altro che
correre verso la banchina per prendere il treno che l’avrebbe riportata a
Salerno.
27 Dicembre
Greta
Greta sarebbe voluta rimanere di più con
la sua famiglia, scendeva raramente a casa perché il viaggio costava parecchio
e non poteva permettersi di farlo di frequente. Inoltre era ancora senza lavoro
quindi non poteva sostenere spese non necessarie. Sperava però che il colloquio
di lavoro, che doveva avere la mattina seguente, andasse bene. Questo era il
secondo incontro, e credeva di aver fatto una buona impressione sul suo reclutatore
durante il primo, perciò era abbastanza ottimista di riuscire ad ottenere il
posto. Il treno procedeva spedito verso Roma e nonostante le sue sensazioni
positive per il colloquio del giorno dopo, sentiva dentro di sé una strana
inquietudine. Non aveva voglia né di leggere né di sentire musica, continuava a
guardare distrattamente fuori dal finestrino. Non riusciva a smettere di
pensare a quel ragazzo che aveva conosciuto nel viaggio di andata. Le
aveva detto che si chiamava Giacomo, ma non sapeva altro. Il giorno prima aveva
tentato di cercare sui diversi social network e su internet il nome Giacomo
associandolo a fumettista e Lecce ma non era riuscita a trovare niente e in più
si era sentita veramente sciocca a fare quella indagine. Aveva parlato con lui
solo qualche ora, come poteva pensare che potesse piacergli se neanche lo
conosceva. Si disse che doveva smettere di pensare a lui e concentrarsi invece
sulle cose concrete come all’incontro del giorno dopo.
Il treno si fermò in stazione alle 19 in
punto. Greta recuperò il suo bagaglio e senza fretta, visto che nessuno la
stava aspettando, si incamminò verso l’uscita.
Giacomo
Giacomo si sentiva decisamente più
leggero, non sentiva più quell’oppressione che lo accompagnava costantemente da
mesi. Sicuramente non era stato facile affrontare i suoi genitori, soprattutto
suo padre, ma finalmente era riuscito ad aprirsi con loro. Aveva seguito
i consigli di quella ragazza, aveva parlato sinceramente, aveva fatto vedere
loro i suoi disegni, detto i suoi progetti, dimostrato loro la grande passione
che aveva per il suo lavoro. Inizialmente il padre non aveva preso bene la
notizia e aveva cercato di demolire pezzo per pezzo le sue convinzioni, ma
Giacomo non era indietreggiato di un millimetro dimostrando la sua
determinazione a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato e alla fine
anche il padre aveva dovuto accettare la sua decisione, colpito dalla fermezza
del figlio. Certo non tutto era risolto ma per la prima volta si era dimostrato
con loro sicuro di sé e delle sue scelte, ed era soddisfatto di sé. Avrebbe
voluto tanto ringraziare Greta per i suoi preziosi suggerimenti e adesso si
rimproverava di non averle chiesto un recapito, qualcosa mediante il quale
poterla rintracciare. Si disse che era stato uno stupito, lui che ci aveva
sempre saputo fare con le donne e non si era mai comportato timidamente. Aveva
la sensazione dopo tanto tempo di aver perso una grande occasione, anche se
l’aveva conosciuta solo per poche ore sentiva che quella ragazza aveva qualcosa
di speciale. Ma ormai non c’era più nulla da fare.
Il giorno dopo lo aspettava un’intensa
giornata di lavoro in redazione, così dopo essersi svegliato con calma,
salutato i suoi genitori e alcuni amici si era recato alla stazione per prendere
il treno che lo avrebbe riportato nella capitale.
L’albero di Natale
Greta, dopo aver comprato un paio di
panini da mangiare una volta arrivata a casa, perché sapeva che l’attendeva un
frigo completamente vuoto, si diresse verso l’uscita più vicina al piazzale dei
capolinea degli autobus. Per oltrepassare quella porta doveva però
necessariamente transitare davanti l’albero di Natale che sfavillava con i suoi
mille colori e, curiosa, si fermò un attimo ai suoi piedi, per vedere se la sua
pallina fosse ancora attaccata al ramo dove l’aveva collocata. Ormai non era
facile rintracciarla perché in due giorni tutto l’albero era stato
completamente riempito da palle di Natale colorate e così nonostante l’impegno
non riuscì a distinguerla tra le altre e un po’ di tristezza improvvisamente la
colse.
Giacomo aveva invece una fame da lupi, non
aveva pranzato e una volta arrivato a Termini era andato di corsa a cercare una
rosticceria per fermare con un supplì il languorino del suo stomaco, non voleva
però esagerare perché lo attendeva una cena con amici. Il primo locale che
trovò fu proprio davanti all’albero di Natale. Prese il suo supplì e si fermò
un attimo a mangiarlo su una delle panchine poste accanto all’abete.
I due giovani erano a pochi passi l’uno
dall’altro ma dandosi le spalle non potevano vedersi. Dopo qualche secondo
Greta decise che era ora di riprendere il cammino verso casa, afferrò il suo
trolley e girandosi fece i primi passi verso l’uscita. Giacomo addentò l’ultimo
pezzetto di supplì, con un fazzoletto si pulì le briciole cadute sul suo
giaccone e appagato si mosse seguendo con lo sguardo le indicazioni verso la
metropolitana. Sembrava proprio che i due giovani non fossero destinati ad
incontrarsi.
Ma nel momento esatto in cui si stavano
incamminando ognuno verso la propria meta sentirono un rumore che richiamò la
loro attenzione, improvvisamente alcune palline erano cadute dall’albero e
stavano rotolando per terra, come se un ramo fosse stato scosso da una mano
invisibile. Due palle natalizie, in maniera alquanto bizzarra, rotolando
lontano finirono la loro corsa una ai piedi di Greta e l’altra di Giacomo.
I ragazzi incuriositi presero in mano la
palla caduta e, dopo aver valutato per qualche secondo se dare una sbirciatina
al suo contenuto, decisero di rimetterla sull’albero affinché il desiderio
espresso da qualche sconosciuto potesse avverarsi.
Pur arrivando da diverse direzioni i
ragazzi videro, nello stesso momento, il medesimo piccolo spazio rimasto vuoto
su uno dei rami e decisero di andare ad appendere lì la pallina caduta.
Giunti insieme, contemporaneamente
allungarono la mano andandosi a scontrare l’uno con l’altro. Un po’ infastiditi
dall’accaduto, ciascuno guardò nella direzione dell’altro pronti a difendere il
proprio piccolo spazio. Quando gli occhi si incrociarono il loro stupore fu
enorme. Rimasero per qualche secondo in silenzio, non potevano credere di
essersi rincontrati ma erano felicissimi che fosse accaduto. Imbarazzati però
non sapevano cosa dirsi. I loro cuori correvano veloci ma la loro bocca
stentava ad aprirsi. Improvvisamente apparve alle loro spalle una vecchina
dallo sguardo dolce e sincero, che indossava sulla testa un foulard rosso che
le copriva la folta capigliatura ma dalla quale uscivano dei riccioli bianchi.
Accostatasi a loro con fare ammiccante: “Scusate se vi disturbo ma credo di
essermi persa, sapete dirmi come raggiungere i binari?” - Chiese gentilmente la signora ai due giovani.
Giacomo guardandola di sfuggita ebbe come l’impressione di averla già vista ma
prontamente le rispose spiegandole in breve la strada. La signora ringraziò il
giovane e prima di allontanarsi gli strinse la mano con una presa stranamente
vigorosa per una donna di quell’età. Improvvisamente il ragazzo si sentì
pervadere da un intenso calore, una sensazione di benessere e di serenità si
impossessò di lui e di colpo le parole che sembravano così difficili da trovare
vennero fuori come un fiume in piena. Si girò verso Greta e le chiese se avesse
voglia di cenare insieme a lui, lei, nascondendo i panini dentro la borsa, fu
entusiasta della sua idea dichiarando che a casa aveva il frigo vuoto. Giacomo
propose una piccola trattoria che conosceva al centro, non tanto distante dalla
stazione, lei gli rispose che qualsiasi posto andava bene. Insieme si avviarono
verso l’uscita. Varcata la porta un meraviglioso spettacolo si aprì ai loro
occhi. Grandi fiocchi di neve candida scendevano dal cielo posandosi dolcemente
su ogni cosa, doveva aver cominciato a cadere già da un po’ perché uno sottile
strato di neve aveva ricoperto tutto il manto stradale, le auto parcheggiate, i
lampioni accesi attutendo ogni rumore. Greta alla vista di quel panorama rimase
senza fiato, le sembrava di osservare un paesaggio incantato. Poi
girandosi felice verso Giacomo, che ricambiò il suo sguardo sorridente, gli
disse: “Non ho mai creduto nelle favole, neanche quando ero piccola, ma credo
che il mio desiderio si sia appena realizzato!”.
E lui prendendole la mano e parlandole
dolcemente rispose: “Nessun sogno è troppo grande per non potersi avverare!” –
Ed insieme si incamminarono sotto la neve che scendeva leggera.
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