A qualcuno piace caldo - l'eletto
Ormai gli rimaneva poco tempo, forse qualche mese ma non di
più. Ogni giorno si sentiva sempre più debole, aveva difficoltà a camminare a
lungo, non riusciva più a correre. Tutte le sue spettacolari abilità erano un
pallido ricordo. Non poteva andare ancora avanti per molto, aveva assoluto
bisogno di nutrirsi. Ogni volta che pensava a quel nettare caldo aveva quasi la
sensazione di assaporarlo, immaginava di sorseggiarlo lentamente gustandolo a
lungo in bocca poi sentirlo scendere in gola. Ne aveva assoluto bisogno.
Mancavano pochi mesi e sarebbero trascorsi cento anni dall’ultima volta e se
lui non avesse presto bevuto quel sangue avrebbe smesso di esistere per sempre,
si sarebbe spento come un qualsiasi essere umano. Anche se era esausto di
questa perenne ricerca del predestinato, che gli avrebbe permesso di abitare
ancora quel corpo, non riusciva a farne a meno; nonostante fosse da più di
cinquecento anni su questa terra non era in grado di staccarsene, anche se la
sua inquietitudine anno dopo anno ad una esistenza solitaria cresceva sempre di
più.
I corvi erano partiti di nuovo alla ricerca del prescelto,
mancavano dal castello da alcuni giorni. Sperava che la loro caccia questa
volta fosse fruttuosa. Era stanco di aspettare. Non sapeva se sarebbe stata una
donna, un uomo o un bambino, per lui non aveva alcuna importanza, la sola cosa
che contava era che ne bevesse fino all’ultimo goccio di sangue per ritrovare
le forze. Per tornare ad essere la creatura spaventosa di cui tutti avevano il
terrore; eppure questo pensiero non gli dava più l’appagamento di una volta si
sentiva svuotato e logorato da una vita che veniva vissuta quasi sempre nell’ombra
tranne quando aveva voglia di una preda da catturare.
Improvvisamente il ciondolo di ametista che portava al
collo si colorò emettendo una luce violacea. Capì che l’avevano trovato.
Finalmente l’attesa era finita. Sentì una scossa attraversargli tutto il corpo.
I corvi rientrarono al castello poco dopo e uno di loro gli portò in dono una
piccola ciocca di capelli neri, prova dell’esistenza dell’eletto. Non poteva
aspettare oltre così, dopo aver atteso che l’oscurità scendesse e ammantasse di
nero ogni cosa, prese cappello, mantello e bastone e uscì dal palazzo seguendo
in carrozza il volteggiare degli uccelli che gli indicavano la strada.
La carrozza viaggiò di buon passo per più di un’ora quando
improvvisamente diminuì la velocità e si accostò al marciapiede di fronte ad un
parco. Era buio e in giro non c’era anima viva per il gran freddo, la mattina
aveva nevicato e dieci centimetri di neve ricoprivano ogni cosa, l’orologio di
un’alta torre segnava le sei del pomeriggio. L’uomo decise di continuare a
piedi ed entrò nel parco deserto. Nessuno sembrava essersi avventurato a
passeggiare. Quel silenzio lo tranquillizzava, la neve attutiva qualsiasi
rumore, non sentiva neanche il calpestio dei suoi passi o il cantare di un
uccello. Camminò senza meta per una decina di minuti poi finalmente la sentì.
Sentì la fragranza della sua pelle, il suo sangue, che caldo scorreva nelle sue
vene, gli indicava la strada per raggiungerla. Dopo poco arrivò ad un laghetto
e finalmente la vide: vicino allo specchio d’acqua c’era una donna sola con un
cappello in testa legato con un nastro sotto il mento per proteggersi dal
freddo pungente. Teneva in mano un sacchetto dal quale estraeva delle molliche
di pane che lanciava in acqua in direzione di alcune anatre. L’uomo non
riusciva a vedere il volto della donna così le si avvicinò e per non
spaventarla si presentò. Nel tempo aveva preso l’abitudine di conoscere le sue
vittime, cercava di capire il perché il fato avesse scelto proprio loro per
donargli la vita, cosa avessero di così speciale. In realtà quello che aveva scoperto
era che erano persone abiette che si erano macchiate dalle peggiori nefandezze.
Nel suo corpo scorreva il sangue di assassini, ladri, corrotti, strozzini e la
cosa lo faceva sorridere, si diceva che non poteva essere altrimenti dato che
lui era il principe del male. Ora però
si trovava spiazzato perché sentiva che quella donna era un’anima pura mai
macchiata da atti odiosi perciò incuriosito le rivolse la parola.
“Buonasera Signora, ha avuto molto coraggio ad avventurarsi
fuori con questo brutto tempo, le anatre le saranno grate ma lei rischia di prendersi
un malanno” – esordì l’uomo togliendosi il cappello in segno di rispetto.
“Buon uomo lei è molto gentile a preoccuparsi per me ma non
ce n’è motivo, il mio fisico ha superato tante di quelle prove che non sarà un
po' di neve a spaventarlo” – gli rispose voltandosi verso di lui mentre un
sorriso caldo illuminava il suo volto. L’uomo alla vista del suo viso e a
sentire il suono della sua voce indietreggiò di colpo, antichi ricordi
riaffiorarono improvvisamente nella sua mente. Non poteva essere, si disse, ma
era proprio così che se la ricordava, con quell’espressione dolce e con quella
voce melodiosa.
“Si sente bene Signore? Credo abbia avuto un giramento di
testa, venga si appoggi a me, l’accompagno a quella panchina laggiù, potrà
sedersi e riposarsi un po'.” La donna era dolce e premurosa proprio come lui se
la ricordava. Ma non era possibile, lei era morta secoli prima per una grave
malattia lasciandolo completamente solo che era poco più di un bambino. Le era terribilmente
mancata, il dolore era stato lacerante. Dopo la sua morte non c’era stato più
nessuno che si fosse occupato di lui, aveva vissuto alcuni anni in strada con i
senza tetto e con gli ubriaconi come unica compagnia. Qualche passante ogni
tanto si impietosiva e gli portava da mangiare o dei vestiti da indossare ma la
sua giovinezza era stata segnata da anni di privazioni, fame, cattiverie subite
ed era così che era disceso nelle tenebre. Il Male era venuto a cercarlo per
offrirgli un’esistenza nella quale non avrebbe più conosciuto la fame, la
povertà, il disonore, la debolezza. E così aveva permesso che quella forza maligna
si impossessasse di lui che lo trasformasse nell’essere freddo, calcolatore che
tutto può avere e nulla può sconfiggere. Ma adesso lei era di nuovo là e lui
avrebbe dovuto ucciderla per continuare a vivere e lui non voleva che lei
morisse, che soffrisse. Non ora che l’aveva ritrovata. Così fece l’unica cosa
che non pensava avrebbe mai fatto, avrebbe passato gli ultimi mesi della sua
esistenza insieme a lei, avrebbe fatto in modo di conquistare la sua fiducia,
la sua stima, forse anche un po' del suo affetto e poi…e poi sarebbe morto ma
questo non sarebbe stata la fine ma bensì la sua rinascita.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Photo by Clément Falize on Unsplash |
Commenti
Posta un commento