A qualcuno piace caldo - l'eletto

Video e voce di Vincenzo De Falco


Ormai gli rimaneva poco tempo, forse qualche mese ma non di più. Ogni giorno si sentiva sempre più debole, aveva difficoltà a camminare a lungo, non riusciva più a correre. Tutte le sue spettacolari abilità erano un pallido ricordo. Non poteva andare ancora avanti per molto, aveva assoluto bisogno di nutrirsi. Ogni volta che pensava a quel nettare caldo aveva quasi la sensazione di assaporarlo, immaginava di sorseggiarlo lentamente gustandolo a lungo in bocca poi sentirlo scendere in gola. Ne aveva assoluto bisogno. Mancavano pochi mesi e sarebbero trascorsi cento anni dall’ultima volta e se lui non avesse presto bevuto quel sangue avrebbe smesso di esistere per sempre, si sarebbe spento come un qualsiasi essere umano. Anche se era esausto di questa perenne ricerca del predestinato, che gli avrebbe permesso di abitare ancora quel corpo, non riusciva a farne a meno; nonostante fosse da più di cinquecento anni su questa terra non era in grado di staccarsene, anche se la sua inquietitudine anno dopo anno ad una esistenza solitaria cresceva sempre di più.  

I corvi erano partiti di nuovo alla ricerca del prescelto, mancavano dal castello da alcuni giorni. Sperava che la loro caccia questa volta fosse fruttuosa. Era stanco di aspettare. Non sapeva se sarebbe stata una donna, un uomo o un bambino, per lui non aveva alcuna importanza, la sola cosa che contava era che ne bevesse fino all’ultimo goccio di sangue per ritrovare le forze. Per tornare ad essere la creatura spaventosa di cui tutti avevano il terrore; eppure questo pensiero non gli dava più l’appagamento di una volta si sentiva svuotato e logorato da una vita che veniva vissuta quasi sempre nell’ombra tranne quando aveva voglia di una preda da catturare.

Improvvisamente il ciondolo di ametista che portava al collo si colorò emettendo una luce violacea. Capì che l’avevano trovato. Finalmente l’attesa era finita. Sentì una scossa attraversargli tutto il corpo. I corvi rientrarono al castello poco dopo e uno di loro gli portò in dono una piccola ciocca di capelli neri, prova dell’esistenza dell’eletto. Non poteva aspettare oltre così, dopo aver atteso che l’oscurità scendesse e ammantasse di nero ogni cosa, prese cappello, mantello e bastone e uscì dal palazzo seguendo in carrozza il volteggiare degli uccelli che gli indicavano la strada.

La carrozza viaggiò di buon passo per più di un’ora quando improvvisamente diminuì la velocità e si accostò al marciapiede di fronte ad un parco. Era buio e in giro non c’era anima viva per il gran freddo, la mattina aveva nevicato e dieci centimetri di neve ricoprivano ogni cosa, l’orologio di un’alta torre segnava le sei del pomeriggio. L’uomo decise di continuare a piedi ed entrò nel parco deserto. Nessuno sembrava essersi avventurato a passeggiare. Quel silenzio lo tranquillizzava, la neve attutiva qualsiasi rumore, non sentiva neanche il calpestio dei suoi passi o il cantare di un uccello. Camminò senza meta per una decina di minuti poi finalmente la sentì. Sentì la fragranza della sua pelle, il suo sangue, che caldo scorreva nelle sue vene, gli indicava la strada per raggiungerla. Dopo poco arrivò ad un laghetto e finalmente la vide: vicino allo specchio d’acqua c’era una donna sola con un cappello in testa legato con un nastro sotto il mento per proteggersi dal freddo pungente. Teneva in mano un sacchetto dal quale estraeva delle molliche di pane che lanciava in acqua in direzione di alcune anatre. L’uomo non riusciva a vedere il volto della donna così le si avvicinò e per non spaventarla si presentò. Nel tempo aveva preso l’abitudine di conoscere le sue vittime, cercava di capire il perché il fato avesse scelto proprio loro per donargli la vita, cosa avessero di così speciale. In realtà quello che aveva scoperto era che erano persone abiette che si erano macchiate dalle peggiori nefandezze. Nel suo corpo scorreva il sangue di assassini, ladri, corrotti, strozzini e la cosa lo faceva sorridere, si diceva che non poteva essere altrimenti dato che lui era il principe del male.  Ora però si trovava spiazzato perché sentiva che quella donna era un’anima pura mai macchiata da atti odiosi perciò incuriosito le rivolse la parola.

“Buonasera Signora, ha avuto molto coraggio ad avventurarsi fuori con questo brutto tempo, le anatre le saranno grate ma lei rischia di prendersi un malanno” – esordì l’uomo togliendosi il cappello in segno di rispetto.

“Buon uomo lei è molto gentile a preoccuparsi per me ma non ce n’è motivo, il mio fisico ha superato tante di quelle prove che non sarà un po' di neve a spaventarlo” – gli rispose voltandosi verso di lui mentre un sorriso caldo illuminava il suo volto. L’uomo alla vista del suo viso e a sentire il suono della sua voce indietreggiò di colpo, antichi ricordi riaffiorarono improvvisamente nella sua mente. Non poteva essere, si disse, ma era proprio così che se la ricordava, con quell’espressione dolce e con quella voce melodiosa.

“Si sente bene Signore? Credo abbia avuto un giramento di testa, venga si appoggi a me, l’accompagno a quella panchina laggiù, potrà sedersi e riposarsi un po'.” La donna era dolce e premurosa proprio come lui se la ricordava. Ma non era possibile, lei era morta secoli prima per una grave malattia lasciandolo completamente solo che era poco più di un bambino. Le era terribilmente mancata, il dolore era stato lacerante. Dopo la sua morte non c’era stato più nessuno che si fosse occupato di lui, aveva vissuto alcuni anni in strada con i senza tetto e con gli ubriaconi come unica compagnia. Qualche passante ogni tanto si impietosiva e gli portava da mangiare o dei vestiti da indossare ma la sua giovinezza era stata segnata da anni di privazioni, fame, cattiverie subite ed era così che era disceso nelle tenebre. Il Male era venuto a cercarlo per offrirgli un’esistenza nella quale non avrebbe più conosciuto la fame, la povertà, il disonore, la debolezza. E così aveva permesso che quella forza maligna si impossessasse di lui che lo trasformasse nell’essere freddo, calcolatore che tutto può avere e nulla può sconfiggere. Ma adesso lei era di nuovo là e lui avrebbe dovuto ucciderla per continuare a vivere e lui non voleva che lei morisse, che soffrisse. Non ora che l’aveva ritrovata. Così fece l’unica cosa che non pensava avrebbe mai fatto, avrebbe passato gli ultimi mesi della sua esistenza insieme a lei, avrebbe fatto in modo di conquistare la sua fiducia, la sua stima, forse anche un po' del suo affetto e poi…e poi sarebbe morto ma questo non sarebbe stata la fine ma bensì la sua rinascita.

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Photo by Clément Falize on Unsplash


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