Un insolito incontro

 

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Sara prese velocemente dall’armadio il suo zaino, era in ritardo, in bagno vi fece scivolare dentro qualche trucco: una matita per gli occhi, del mascara, del fard; dall’armadietto dei medicinali aggiunse la scatola dell'aspirina e le pastiglie per disinfettare il cavo orale. Era da qualche tempo che il raffreddore non l'abbandonava così come un fastidioso pizzicore in gola che le procurava una tossetta stizzosa. Controllò anche di avere nella sua borsetta lo spray per gli attacchi di asma che portava sempre con sé. Era allergica a innumerevoli cose: agli acari della polvere, ai peli del gatto, al quale aveva dovuto rinunciare con sofferenza, alle graminacee ed aveva da poco scoperto un'intolleranza per il pesce. Per giunta d'inverno aveva facilità a contrarre delle bronchiti che, se non curate a tempo, le procuravano dei pericolosi attacchi d'asma. 

In fretta chiuse la porta di casa e controllò l'ora sul suo cellulare, le 15 e 10 aveva fatto veramente tardi contro ogni previsione. Era la vigilia di Natale e doveva raggiungere la sua famiglia in montagna per questo non aveva bagagli, in casa dei suoi aveva lasciato tutto il necessario: pantaloni, maglioni pesanti, giacca a vento, scarponi e sci. Nell'abitazione che condivideva con una sua amica non aveva un grande armadio e quindi non poteva permettersi di tenere indumenti così voluminosi mentre la casa di montagna era molto grande e disponeva di molto spazio. 

Scesa in strada si diresse verso la sua utilitaria e dopo averla messa in moto in breve tempo uscì dalla città in direzione dell'autostrada. La località da raggiungere non era lontana con la bella stagione s'impiegava circa due ore e mezza andando a velocità di crociera, in inverno invece ci si poteva mettere un po’ di più se le condizioni meteorologiche non fossero buone e avesse nevicato. Ora mentre guidava si sentiva un po’ in colpa, aveva promesso a sua madre di partire al massimo alle tredici per non trovarsi con il buio a percorrere la strada di montagna, che saliva con strette curve fino a mille e seicento metri anche perché in serata era prevista neve. Aveva cercato di andar via dal laboratorio prima, aveva avvisato che non si sarebbe fermata fino alle 16, orario della chiusura pre-festiva, ma il controllo di un'analisi importante l'aveva fatta tardare.

Per fortuna il traffico sull'autostrada era scorrevole, le persone erano partite in massa per le ferie il giorno precedente e avevano fatto delle lunghe file al casello, così aveva sentito al telegiornale. Tutti vogliono arrivare la vigilia in tempo a destinazione pensava Sara e non ridursi all'ultimo momento come lei. Uscita dall'autostrada dopo un'oretta prosegui sulla provinciale che ormai era quasi buio, la doveva percorrere per circa 40 chilometri, inizialmente la strada era in pianura ma poi ad un bivio doveva svoltare per proseguire su di un’altra che piano piano si arrampicava fino al "Passo della Civetta" per poi discendere a 1300 metri dove si trovava il paese. 

Non le piaceva guidare fuori città con il buio, i fari delle auto della corsia opposta l'accecavano e le procuravano la sensazione di non vedere bene la strada avanti a sé. Quando arrivò al bivio incominciò a piovere e il vetro iniziò ad appannarsi tanto che Sara dovette accendere l'aria calda per liberarlo da quella patina di condensa che le impediva di vedere la strada. Poco dopo la pioggia si tramutò in grandine e, iniziata la strada in salita, prese a nevicare. Sara decise di rallentare, aveva i pneumatici da neve ma non si sentiva sicura nel procedere in quelle condizioni. Per fortuna scendevano piccoli fiocchi e inizialmente sembravano non attaccarsi al manto stradale che rimaneva ancora pulito. Ma man mano che saliva la strada, la neve incominciò a scendere più fitta e ad imbiancarla tutta. Dopo alcuni tornanti Sara iniziò a fare fatica a vedere il tracciato perché si era alzato anche un forte vento che ammassava la neve al vetro che i tergicristalli non riuscivano a rimuovere. Incominciò ad avere paura che la situazione peggiorasse e che l'auto non riuscisse a procedere in mezzo alla bufera perché ormai di questo si trattava. Giunta finalmente al Passo della Civetta si rese conto che non si poteva andare oltre, il vento aveva spostato una grande quantità di neve sulla strada facendola scomparire, si intuiva solo il tracciato dalle lunghe aste poste ai suoi lati che apparivano sprofondare nella coltre bianca. Fu costretta a fermarsi solo l'arrivo dello spazzaneve la poteva salvare ma Sara non nutriva molte speranze erano quasi le 18 della Vigilia di Natale e difficilmente lo spazzaneve sarebbe arrivato fino al passo a meno che i suoi genitori non vedendola arrivare avessero dato l'allarme. 

Guardò molto poco speranzosa il suo cellulare, non c'era campo e il freddo nell'abitacolo stava diventando insopportabile per cui riaccese il motore per scaldarsi. Dopo qualche tempo, in quel silenzio totale, sentì un rumore di motore sopraggiungere perciò cercò di aprire lo sportello ma invano: la porta era bloccata dalla neve così come buona parte dell'auto che a mala pena si distingueva. Per fortuna lo sconosciuto l’aveva vista e si era fermato, ora cercava di spazzar via la neve della sua auto per aprirla. Dopo alcuni tentativi, quando stava ormai per perdere le speranze, fu liberata. 

Davanti a lei si mostrò un uomo alto e massiccio coperto da un pesante piumino amaranto, al primo sguardo gli sembro di riconoscere in lui Domenico il boscaiolo da cui i suoi compravano la legna ma guardandolo bene si rese conto che non gli somigliava, tuttavia il suo volto serio ma al tempo stesso bonario e lo sguardo intenso e magnetico gli davano la sensazione di averlo già visto. Si, era certa lo aveva già incontrato da qualche parte. Il suo salvatore era anziano, di un’età indefinibile una barba folta e bianca gli contornava il viso e dal cappello di lana dello stesso colore rosso acceso della giacca usciva una capigliatura composta da lunghe ciocche. Fece cenno a Sara di seguirlo e poco distante la ragazza scorse una grande slitta a motore dove la fece salire. 

A grande velocità l'uomo riprese la strada alzando cumuli di neve e ad un certo punto Sara ebbe quasi la sensazione che la slitta si fosse staccata dal suolo tanto correva veloce. Durante il viaggio l’uomo non parlo mai, sembrava avere una gran fretta. Arrivato alla periferia del paese si fermò e indicando a Sara di scendere solo allora le disse che non poteva accompagnarla a casa, perché si approssimava il Natale e lui aveva molto da fare. Sara s’incamminò a piedi e guardandolo allontanarsi in quel biancore irreale ebbe nuovamente l'impressione che la slitta si sollevasse a mezz'aria. Stordita attribuì quella visione alla stanchezza e alla tensione provata per la pericolosa avventura che per giorni non riuscì a dimenticare continuando a chiedersi chi fosse stato quell'uomo che l'aveva salvata.

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