NON È MAI TROPPO TARDI

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Pioveva da ore e tirava un vento freddo, Lucky rintanato sotto i cartoni sentiva agitarsi i rami degli alberi e continui spifferi infilarsi da tutte le parti sotto le coperte nelle quali si era raggomitolato alla ricerca di un po' di caldo. Per fortuna l’acqua non riusciva a bagnarlo, il cavalcavia sotto il quale si era riparato era abbastanza ampio e riusciva a proteggerlo interamente. Lucky aveva già provato ad uscire un paio di volte dal suo rifugio a scrutare il cielo, nella speranza che a breve smettesse di piovere ma, in entrambe le occasioni, il cielo con nuvole cariche di pioggia gli aveva fatto capire che per il momento non se ne parlava.

Aveva lo stomaco che gli brontolava e voleva andare alla ricerca di qualcosa di commestibile da mangiare, i cassonetti non distavano molto da dove si trovava ma non aveva altri abiti a parte quelli che indossava e se li avesse bagnati sarebbe dovuto rimanere fradicio per ore prima che si asciugassero. Aveva anche pensato di mettersi sotto qualche tettoia a chiedere l’elemosina ma con quel tempo era convinto che in giro non ci fosse nessuno e quindi si disse che sarebbe stato tempo sprecato.  Per cercare di scaldarsi un po' le ossa prese la bottiglia del vino che aveva al suo fianco e diede una bella sorsata sperando che l’alcool gli desse un po' di calore.

Dopo qualche minuto, mentre immobile attendeva che il vino facesse il suo dovere e il tempo migliorasse sentì che qualcuno lo stava cercando: “Lucky sei qui? Lucky? Sono Franco, sei sveglio?” L’uomo sentitosi chiamare e riconosciuta la voce di uno degli operatori di una associazione di giovani volontari, che ogni tanto gli portava qualcosa da mangiare, spostò i cartoni che lo ricoprivano e mise la testa fuori dal suo giaciglio.

“Ciao Franco, dove vuoi che vada con questo tempo, è tutto il giorno che non smette di piovere e fa un freddo cane.” Rispose mentre soffiava aria calda sulle mani che poi sfregava energicamente tra di loro per cercare di scaldarle.

“Si l’inverno è arrivato e si sta facendo sentire. Con gli altri ragazzi stiamo facendo il giro per vedere se avete bisogno di qualcosa e stiamo distribuendo dei pasti caldi. Prendi questo è per te.” E così dicendo gli passò una busta contenente due vaschette calde di alluminio con dentro della pasta e patate, un panino imbottito, un frutto, una bottiglietta d’acqua e delle posate di plastica. Lucky si sentiva sempre a disagio quando doveva accettare il cibo che gli veniva offerto, nonostante fossero ormai 5 anni che viveva in strada, quel senso di estraneità a quella vita ancora non lo abbandonava del tutto.

“Grazie mille, è tutto il giorno che non metto niente sotto i denti. Ma con questo tempo oggi non mi sono avventurato, se perdo questo angolo rischio di rimanere allo scoperto tutta la notte. Certe volte in queste nottate quello che più mi manca della mia vecchia vita è potermi fare una bella doccia calda, starmene qualche minuto immobile sotto il getto dell’acqua bollente.” Gli rispose mentre con i ricordi vagava nel passato.

“Non ne dubito. Ma da noi lo sai che puoi venire a lavarti quando vuoi. Purtroppo in questi giorni così freddi non abbiamo al momento più letti disponibili ma la doccia la puoi fare e se si dovesse liberare un posto ti verremmo ad avvertire.”

“Ti ringrazio molto ma per dormire va benone dove sono, per la doccia invece prima o poi accetterò l’offerta. Vorrei solo che arrivasse presto la primavera, con il caldo è tutto più facile”

“Lo so Lucky è dura, siamo solo a metà dicembre, mi dispiace di non poter far di più.”

“Non ti preoccupare, ho già passato diversi inverni così, sopravvivrò anche questo.”

“Va bene ora vado, cercheremo di passare anche domani sera. A presto.”

Così dicendo Franco continuò il suo giro per i senza tetto della città. Ormai era un paio d’anni che aiutava l’associazione come volontario, l’aveva conosciuta per caso da una locandina appesa in una delle bacheche dell’università e così per curiosità un pomeriggio era passato ad informarsi sulle attività che svolgevano e dal quel momento aveva cominciato a dare una mano.

In tutto questo tempo aveva conosciuto parecchi clochard ma Lucky era quello che lo aveva colpito di più di tutti. In verità quello non era il suo vero nome, Franco non sapeva quale fosse, tutti nel quartiere lo chiamavano così. Incuriosito aveva cercato di sapere di più della sua vita passata ma Lucky si rifiutava di parlarne così aveva provato a chiedere qualche informazione ai senza tetto che frequentava abitualmente e qualche cosa aveva scoperto. Il suo vero nome rimaneva un mistero ma seppe che fino a qualche anno prima era stato un professore di italiano e storia in un liceo privato della città e la sua vita procedeva serena con moglie e una figlia adolescente. Fino ad una sera di autunno quando i tre avevano avuto un bruttissimo incidente con la macchina, un tir gli era venuto contro per un colpo di sonno del conducente. Per la moglie e la figlia non c’era stato nulla da fare, per lui c’erano voluti tre mesi di ospedale tra terapia intensiva e reparto ma alla fine si era ripreso. Da qui l’idea degli altri clochard di soprannominarlo Lucky ossia fortunato perché aveva scampato la morte. O meglio il suo fisico aveva scampato la morte e si era ristabilito ma non il suo cuore. Infatti una volta uscito dall’ospedale era caduto in una forte depressione, aveva cominciato a bere e a saltare il lavoro, finché un giorno si presentò in classe completamente ubriaco e fu licenziato. In pochi mesi la sua vita fu completamente stravolta e la sua casa divenne la strada. I primi tempi per lui furono molto duri ma alla fine, grazie anche all’aiuto di alcuni suoi nuovi amici, cominciò ad abituarsi alla sua attuale condizione.

Qualche volta Franco gli portava dei libri da leggere che Lucky divorava in pochi giorni. Il suo amore per la lettura non era cambiato. Così come l’amore per la sua città: Roma. Amava di notte, quando le strade erano deserte, passeggiare per il centro. Osservare d’estate i balconi fioriti, sentire i profumi dei gelsomini. Fermarsi ad osservare qualche gatto randagio bighellonare per le viuzze solitarie, ammirare fontane e piazze. D’inverno, con l’avvicinarsi del Natale, tutti i negozi si riempivano di luci, sembrava un arcobaleno di mille colori con bellissimi alberi che adornavano le vetrine. Lucky spesso si fermava a guardarli incantato, aveva sempre amato il periodo natalizio ma da quando aveva perso la sua famiglia in quel periodo una forte nostalgia prendeva il sopravvento e l’unica cosa che voleva era che arrivasse presto la primavera.

Avendo appreso che Lucky era stato professore di italiano al liceo, Franco aveva cercato di convincere l’uomo a tenere dei corsi alla sede dell’associazione per gli immigrati, per aiutarli ad imparare le basi della lingua italiana, in cambio loro gli avrebbe garantito pasti giornalieri, cambi d’abito e un letto nel dormitorio che avevano adibito in un vecchio ex magazzino che un privato gli aveva ceduto a titolo gratuito.

Inizialmente Lucky non ne volle sapere, l’idea di insegnare lo metteva a disagio, lo riportava con la memoria ad una vita che ormai non era più la sua ma l’insistenza dei volontari nel fargli capire quanto sarebbe stato utile per ragazzi e adulti imparare l’italiano, per potersi inserire nella loro nuova realtà, lo convinse ad accettare e così due volte a settimana si recava al centro e teneva le lezioni. Come compenso però accettava solo i pasti caldi e i cambi di abito, non aveva bisogno di altro, così rispose alle insistenze di Franco a rimanere almeno a dormire.

Finalmente il mattino dopo aveva smesso di piovere e un timido sole era spuntato in cielo. Il termometro dell’insegna di una farmacia segnava -1°C e tirava una forte tramontana. Lucky nonostante il freddo decise di provare a mettersi al lato di una strada ricca di negozi nella speranza che qualche passante, alla ricerca dei regali di Natale, gli lasciasse qualche moneta.

Mentre attendeva pazientemente qualche buon samaritano arrivò, svolazzando dal cielo, quello che a prima vista sembrava un pezzetto di carta colorata che si posò nel suo vecchio cappello che Lucky aveva poggiato per terra per raccogliere le offerte. Incuriosito da quello strano foglietto lo prese per osservarlo più da vicino e scoprì che era un gratta e vinci. Perplesso si guardò intorno per cercare di capire chi lo avesse perso, forse con quel vento a qualcuno era volato via di mano. Ma osservando attentamente vide che in quel momento nelle vicinanze non passeggiava nessuno, sembrava piovuto dal cielo. Solo in lontananza vide all’angolo della strada un uomo corpulento con una giacca impermeabile rossa e dalla folta barba bianca che sembrava guardarlo sorridendo, allora cercò nella tasca il suo vecchio paio di occhiali per vedere chi fosse, probabilmente lo aveva già incontrato, ma quando inforcati gli occhiali guardò nella sua direzione vide che era scomparso.

Il gratta e vinci era nuovo, nessuno aveva ancora grattato sullo strato di argento colorato per vedere cosa nascondesse. In alto c’era una scritta evidenziata che diceva “TURISTA PER SEMPRE”. Sul retro del biglietto c’era scritto: “Se ne I TUOI NUMERI trovi, una o più volte, uno o più NUMERI VINCENTI vinci il premio o la somma dei premi corrispondenti; se trovi il numero BONUS X10 vinci 10 volte il premio corrispondente; se trovi due volte la scritta “TURISTA PER SEMPRE” vinci 300.000€ subito + 6.000€ al mese per 20 anni + 100.000€ di bonus finale”.

Lucky aveva sempre diffidato dei gratta e vinci, li considerava una droga. Nella sua precedente vita, quando ogni tanto andava a fare colazione al bar, spesso si fermava ad osservare uomini e donne che in un angolo del locale in preda ad un’ansia spasmodica si mettevano a grattare con una moneta per vedere se avessero vinto qualche premio e la delusione che si dipingeva sui loro volti era talmente grande che subito si alzavano per comprarne un altro, arrivavano a spendere anche decine di euro al mese. Convinto che la sua sorte non sarebbe stata differente mise in tasca il biglietto e non ci pensò più.

Nei giorni a seguire le condizioni meteorologiche non migliorano di molto e l’umore di Lucky seguiva i cambi repentini del tempo, dal sole alla pioggia battente. Nonostante ormai mancassero solo tre giorni a Natale e quello fosse generalmente il periodo più redditizio per le offerte ricevute, quell’anno invece, a causa della forte crisi economica che aveva colpito tutta la popolazione, riuscì a raggranellare solo pochi spicci. L’unico momento felice delle sue giornate era quando si recava alla associazione per le lezioni di italiano agli immigrati. Ogni tanto Franco si fermava ad osservarlo, si metteva in silenzio in fondo all’aula e rimaneva affascinato dal modo in cui riusciva a catturare l’attenzione dei suoi studenti. I ragazzi rimanevano rapiti dalle sue semplici spiegazioni e riuscivano ad apprendere facilmente. Lucky era nato per insegnare, Franco avrebbe voluto che i suoi professori all’università avessero la stessa sua bravura: rendere facili concetti difficili da imparare. Ma il ragazzo pensava che quella è una abilità che non si apprende: o si possiede o è molto difficile acquisirla.

Nella classe da circa due mesi si era aggiunta una signora sulla cinquantina. Era molto timida e riservata e sedeva sempre agli ultimi banchi in fondo all’aula. Era arrivata da circa un anno in Italia dalla Cecenia, scappata da lì dopo la morte del marito, un attivista per l’indipedenza dello stato dalla Russia. Qualcuno lo aveva aggredito mentre rientrava a casa dal lavoro lasciandolo esamine sul portone della loro abitazione. La donna, dopo la sua morte, aveva deciso di scappare insieme al figlio ventenne, nella speranza di rifarsi entrambi una vita in Italia ottenendo lo stato di rifugiati politici. Irina, questo il suo nome, aveva trovato da poco un impiego come badante di una signora anziana. Nonostante fosse laureata in Economia e avesse lavorato per tanti anni da commercialista nel suo paese qui era riuscita a trovare inizialmente solo impeghi santuari finché non era stata presa a servizio dalla signora Assunta alla quale si era subito affezionata.

Franco si accorse che durante le lezioni Lucky la guardava di sottecchi, spesso le si avvicinava per aiutarla con gli esercizi e per darle qualche prezioso suggerimento grammaticale o di sintassi. La donna inizialmente un po' timorosa si era lasciata poi guidare dal professore e piano piano aveva migliorato visibilmente il suo italiano, cosa che rese molto felice e orgoglioso Lucky. Un giorno per ringraziarlo, Irina lo invitò a prendere un caffè in un bar lì vicino ma, con grande sorpresa della donna, lui declinò l’invito visibilmente dispiaciuto. Quando Franco gli chiese perché lo avesse fatto, Lucky gli rispose che si sentiva in imbarazzo, che gli avrebbe fatto molto piacere prendere un caffè con lei e che avrebbe voluto offrirlo lui ma non potendolo fare per la mancanza dei soldi aveva rifiutato l’invito. Il ragazzo gli disse che ormai erano cambiati i tempi e che le donne non badavano più a queste cose e che non c’era nulla di male se Irina gli avesse offerto un caffè ma l’uomo fu irremovibile. Guardandosi per un attimo e poi fissando negli occhi Franco gli rispose: “Non ho niente da offrirle se non la mia povertà e lei dopo tutto quello che ha vissuto si merita qualcosa di meglio di me.” E dicendo così uscì dall’aula.

Arrivò la Vigilia di Natale come tutti gli anni l’associazione organizzò un cenone per gli habitué del centro. Irina si offrì di dare una mano in cucina, la signora Assunta si era trasferita dai figli che abitavano fuori città per passare insieme le festività così lei e il figlio decisero di passare con i volontari e i senza tetto la sera della vigilia di Natale. Franco sapendo che ci sarebbe stata pure lei donò a Lucky dei vestiti puliti: una camicia bianca e completo blu con giacca e pantaloni. L’uomo arrivato per tempo al centro poté farsi una lunga doccia, sbarbarsi e cambiarsi di abito. Quando Franco lo vide fu molto soddisfatto del risultato. La serata passò piacevolmente, Irina parlò spesso con il professore chiedendogli preziosi consigli per migliorare la sua dizione e per domandare curiosità storiche sulla città di Roma. Lucky inizialmente un po' impacciato rispose alle sue numerose domande prendendo piano piano sicurezza mentre le raccontava le bellezze della capitale. Gli sarebbe piaciuto poterla portare a vedere i posti più belli di Roma: il Gianicolo, Villa Borghese, il Colosseo, la Basilica di San Pietro, la Fontana di Trevi e via dicendo ma sapeva che sarebbe stato impossibile.

Mentre Irina era in cucina a preparare i dolci da servire, Lucky prese il fazzoletto che aveva in tasca per soffiarsi il naso e si accorse che avvolto in questo c’era il biglietto del gratta e vinci e si chiese come ci fosse finito, sorpreso lo rimise nel taschino dicendosi che prima o poi lo avrebbe buttato.

Mentre si versava un bicchier di vino si avvicinò a lui un uomo che non ricordava di aver mai visto prima, a dire il vero sembrava essere spuntato dal nulla. L’uomo dai capelli di un bianco splendente e dalla folta barba gli chiese se poteva versare anche a lui un po' di Negroamaro. Lucky dopo averlo riempito gli passò il bicchiere. L’uomo sorseggiando lodò la bravura dei volontari, dicendo che al mondo ci sarebbero dovute essere più persone così, pronte ad aiutare il prossimo a rialzarsi da un periodo difficile della loro esistenza perché nella vita nulla è mai perduto veramente ma tutto può succedere. Come improvvisamente possono accadere tragedie così possono poi avvenire avvenimenti straordinari tali da risollevare le sorti di ogni uomo e donna. Poi continuando gli disse: “Vedi Giovanni non bisogna mai perdere la speranza ma bisogna continuare a credere che le cose possano migliorare, si cade e ci si rialza. Un futuro è sempre possibile, anche nelle situazioni più difficili.  Tante volte abbiamo la carta vincente in tasca e neanche ce ne rendiamo conto.” E così dicendo dopo averlo fissato negli occhi per qualche secondo l’uomo se ne andò. Lucky rimase pietrificato, mentre lo vedeva allontanarsi lo avrebbe voluto fermare e chiedere come fosse possibile che lui conoscesse il suo vero nome, chi fosse e cosa volesse dire ma non riuscì a fare nulla di tutto ciò. Si chiese cosa intendesse con l’ultima frase ma poi si ricordò del biglietto. Con mano tremante tirò fuori il gratta e vinci dalla tasca, cercò una moneta ma non avendola prese un coltello e con cautela cominciò a grattare il sottile strato argenteo: prima i numeri vincenti riportati in alto e poi i suoi. Nessuno dei primi tre numeri corrispondeva a quelli vincenti, il quarto invece era la scritta “Turista per sempre” ma per vincere ne serviva una seconda. I numeri successivi erano tutti diversi e nessuno uguale a quelli riportati in alto. Ne mancava solo uno. Lucky si disse che era stato uno stupido a pensare di poter vincere per una sciocca frase pronunciata da un signore che neanche conosceva. Sfiduciato gratto l’ultimo numero ma con sua enorme sorpresa trovò una seconda scritta “Turista per sempre” non ricordando però a quale premio fosse associato girò il biglietto e sul retro rilesse le spiegazioni: “se trovi due volte la scritta “TURISTA PER SEMPRE” vinci 300.000€ subito + 6.000€ al mese per 20 anni + 100.000€ di bonus finale”.

A Lucky tremarono le gambe e lo colse una sudarella improvvisa, dovette appoggiarsi ad una sedia per non cadere per terra. Rilesse di nuovo, più e più volte, la scritta sul biglietto… aveva vinto!! Inaspettatamente e senza rendersene conto cominciò a ridere, come non faceva da anni. Una risata genuina e liberatoria, capì che quell’anziano signore aveva ragione: una seconda vita è sempre possibile e che sarebbe stato uno stupido se non avesse colto quella opportunità.

Dopo aver rimesso il biglietto al sicuro nella tasca della giacca e senza starci troppo a pensare si diresse verso Irina intenta a mangiare una fetta di torta e le disse: “Ti andrebbe domani di fare colazione insieme? Domani e tutti i giorni che vorrai?”

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