Gli orologi del diavolo
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Gli orologi del diavolo: infiltrato tra i narcos, tradito dallo Stato è un libro che più che arrivarti diritto al cuore ti arriva allo stomaco con un pugno ben assestato. È uno di quei racconti che ti tiene con il fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina e che hai difficoltà ad interrompere perché la curiosità di sapere subito quale sarà la sorte del protagonista non ti fa staccare gli occhi dal libro. La storia che viene descritta sembra presa da uno di quei telefilm americani che parlano di narcotraffico e infiltrati con la sola enorme differenza che questa non è fiction, non è finzione ma è la realtà, quello che viene raccontato è successo. Gianfranco ha vissuto veramente tutto quello che scrive nel libro. Ma andiamo con ordine.
Tutto comincia nel gennaio del 2005 Gianfranco Franciosi,
per tutti Giannino, a soli 25 anni è uno dei meccanici navali più bravi e
talentuosi di tutta la Liguria, le sue mani riescono a costruire perfette
imbarcazioni da corsa ambite dai tanti amanti del mare e della velocità. A
Bocca di Magra, dove vive con la sua famiglia, lo conoscono tutti, le sue
giornate trascorrono per la gran parte nel cantiere dove lavora, con i suoi
operai che sono anche i suoi migliori amici. Un giorno improvvisamente riceve una
strana visita: due forestieri offrono un anticipo da cinquantamila euro in
contanti per avere un gommone velocissimo, con doppi fondi nascosti ed equipaggiato con
radar e GPS. Gianni si insospettisce, soprattutto perché i due fanno il nome di
un suo precedente acquirente di Roma, per il quale aveva costruito diversi gommoni e
che lui aveva scoperto, solo dopo la sua morte, essere parte della banda della Magliana.
Quindi decide di informare la polizia e accetta di aiutare gli investigatori a
capire chi sono quei due. Sente che è la cosa giusta da fare. Sembra una cosa destinata a
risolversi in poco tempo, invece Gianni si trova invischiato in un gioco molto
pericoloso e molto più grande di lui e, con il passare dei mesi, diventa un
agente infiltrato a tutti gli effetti, senza avere però quelle tutele da parte
dello Stato che sono garantite alle forze dell’ordine che svolgono quotidianamente
queste delicate mansioni. Inizia così per Gianni una nuova vita che lo porterà per quattro anni a viaggiare tra Italia, Europa e Sudamerica per trasportare enormi quantità di cocaina, quattro
anni a stretto contatto con i narcotrafficanti, con telefonate e partenze improvvise e riunioni
di emergenza con la polizia, quattro anni di ansia e paura. Durante i quali
sconterà anche sette mesi e 22 giorni in un carcere duro in Francia a causa di
mancate informative e permessi che lo rendevano un cittadino qualunque al di
fuori dei confini nazionali e che lo costringeranno a rimanere in cella per non
far saltare la copertura. Quando finalmente la polizia conclude il più grande sequestro di
droga mai avvenuto in Europa, Gianni è pronto a riprendersi la sua vita, ma il
boss, che lo considerava ormai un fratello, sfugge all'arresto e vuole vendetta. È l'inizio di un altro incubo che continuerà
per altri tre anni e che lo costringerà a rimanere sotto copertura pur di non
mettere in pericolo la sua vita e quella delle persone a cui vuole bene, fino a
quando la rete dei narcos finalmente non verrà completamente smantellata. Ma Gianni dovrà
comunque rinunciare alla sua identità e sparire nel nulla. Così comincia la sua
vita da testimone di giustizia che non sarà meno difficile di quella appena
vissuta da infiltrato, perché chi lo doveva proteggere invece lo abbandona
lasciandolo completamente solo. Il programma
di protezione in realtà non ha né i mezzi né le capacità per mettere in
sicurezza i suoi assistiti. Nel 2015, anno in cui viene narrata la storia, degli 88 testimoni di giustizia solo 32 sono ancora nel programma, gli altri lo avevano
abbandonato già da tempo, compreso Gianfranco, che si sentiva più al sicuro a
casa sua, nonostante le pallottole che i narcos gli faceva trovare sul
parabrezza della sua automobile.
Il mio riassunto (che descrive solo in minima parte tutto
quello che il protagonista ha vissuto) non rende giustizia alla bellezza del
libro, per questo vi consiglio di leggerlo anche se non siete amanti di
racconti di droga e infiltrati. Queste sono storie che vanno pubblicizzate per
far si che i loro protagonisti non vengano abbandonati, come invece ha fatto lo
Stato, perché sono eroi che si sono messi al servizio del bene comune senza pretendere nulla in cambio e perciò non
devono essere lasciati soli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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